Mauritius, il disastro avanza: la petroliera incagliata si è spezzata in due

La petroliera giapponese ora è divisa in due tronconi e il petrolio continua a riversarsi nelle acque dell’Oceano Indiano. Intanto i mauriziani sono in prima linea per cercare di arginare il disastro. Costruiscono barriere assorbenti con qualsiasi materiale, dalle foglie di canna da zucchero fino ai capelli, in grado di assorbire importanti quantità di idrocarburi.
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Kevin Ben Alì Zinati 17 Agosto 2020

L’emergenza ambientale a Mauritius si fa sempre più spaventosa. Non solo perché la marea nera di petrolio è così grande da poter essere scorta pure dallo spazio: ora la petroliera giapponese incagliata dal 25 luglio scorso sulla barriera corallina al largo di Pointe d’Esny, nell’Oceano Indiano, si è pure spezzata in due. Una delle crepe che avevano squarciato lo scafo non ha più retto e ha lasciato la nave in due tronconi. Cittadini, attivisti, volontari da quasi un mese sono in prima linea per provare ad estrarre quanto più greggio possibile dall’Oceano con qualunque mezzo possibile ma il disastro non si ferma. Così come la fuoriuscita di petrolio.

L’aiuto di tutti

Mentre diversi stati stanno inviando task-force ed esperti per fronteggiare il disastro, tra cui l’Italia con un team dell’Università Bicocca di Milano, anche i cittadini da giorni ormai hanno le mani letteralmente nel petrolio. Per cercare di contenerne la diffusione stanno costruendo barriere con materiali di ogni tipo, dalle foglie di canna da zucchero alle bottiglie di plastica vuote fino ai capelli. Già, perché pare che un chilo di capelli possa assorbire fino a 8 chilogrammi di idrocarburi. Così i mauriziano stanno prendendo d'assalto barbieri e parrucchieri per raccogliere i propri capelli, infilarli all’interno di calze di nylon o altri contenitori e realizzare galleggianti da posizionare in acqua.

Dallo spazio

Come ti avevo raccontato, il primo nostro mauriziano fin da subito aveva dichiarato lo stato di emergenza. Le proporzioni del disastro sono immense, tanto che anche il Satellite Sentinel-2 dell’Agenzia Spaziale Europea ne ha catturato la vastità: ciò che si vede dallo spazio è una marea nera che come un laccio stritola l’isola nella sua peggiore emergenza ambientale di sempre.