Microplastiche nella placenta, Ragusa: “Il liquido amniotico è come il Mediterraneo quando si tratta di inquinamento”

In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente abbiamo intervistato Antonio Ragusa, Direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna e di Bentivoglio e autore dello studio che per la prima volta ha rivelato la presenza di microplastiche nella placenta umana.
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Francesco Castagna 5 Giugno 2024

"Ambiens", il participio presente del verbo ambire significa andare intorno, circondare. Da questo termine deriva la parola "ambiente", ovvero tutto ciò che ci circonda. L'essere umano ha avuto a che fare con la natura sin dal primo momento in cui ne abbiamo una traccia storica, ma nel tempo il significato della parola ambiente si è leggermente modificato, arricchendosi sempre più di nuove consapevolezze. Un esempio è quello della presenza di microplastiche nella placenta delle donne.

Fino allo scorso secolo infatti, non tutti gli esseri umani avevano una grande conoscenza degli effetti delle proprie azioni sulla natura. La scienza era materia elitaria e per anni abbiamo continuato a inquinare il Pianeta Terra inconsapevolmente e in tanti modi.

Uno dei danni che abbiamo fatto alla Terra, purtroppo, è quello causato dall'inquinamento della plastica. Ne abbiamo prodotta così tanta che le ultime ricerche/spedizioni ci mostrano come questo materiale sia presente sulle vette del monte Everest, dove si trova la discarica a cielo aperto più alta del mondo, sia negli oceani, dove si trova la Great Pacific Garbage Patch, ovvero l'isola di plastica più grande del Pianeta.

Sappiamo che tutto ciò è opera dell'essere umano. Ciò di cui non siamo a conoscenza, o forse non abbiamo una grande consapevolezza del rischio, è che nell'ambiente siamo immersi anche noi e che tutto ciò che gettiamo finirà prima o poi nei nostri corpi. È il caso delle microplastiche, piccoli pezzetti di questo materiale che possono provocare danni notevoli alle piante e agli animali, ma anche agli esseri umani.

Per aumentare la consapevolezza su questo tema abbiamo contattato Antonio Ragusa, Direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna e di Bentivoglio e autore dello studio che per la prima volta ha rivelato la presenza di microplastiche nella placenta umana.

Dott. Ragusa, lei ha scoperto per la prima volta al mondo la presenza di microplastiche nella placenta di una donna analizzando nel 2020 dei campioni provenienti da Roma. Può raccontarci come è avvenuta la scoperta?

L'intuizione mi venne in Sardegna perché ero in vacanza in uno dei miei luoghi dell'anima che è Piscinas, un posto molto ameno che io amo moltissimo e dove quando posso trascorro alcuni giorni. Mentre ero lì vidi delle piccole particelle sulla spiaggia bianca, erano colorate e non sapevo attribuirgli l'origine. Dissi a mia moglie "cosa sono secondo te?", e lei mi rispose "per me sono plastiche". Chi ha idea di dov'è Piscinas sa che è un luogo molto ameno, lontano da qualsiasi civiltà, tanto che per raggiungerlo bisogna percorrere almeno 6 km di sterrato lontano da qualsiasi luogo abitato.

È molto al di fuori delle dinamiche sia cittadine che industriali. Per cui chiesi a mia moglie "ma scusa, come fa la plastica ad arrivare qui, in un luogo così distante dal resto?". Lei mi guardò e mi disse che con molta probabilità l'aveva trasportata il mare. "Dal mare?", dissi. E allora io, che sono un ostetrico, mi posi il problema di capire se la plastica che arriva dal mare possa finire dentro il nostro "mare interno". Quello è un mare esterno, il Mar Mediterraneo, ma c'è anche un mare interno che è il liquido amniotico, ovvero dove vive il bambino. Quindi lì ho cominciato un percorso per cercare di capire scientificamente se questa mia intuizione fosse o meno una verità. Così trovai delle persone molto brave che si occupano di microscopia e che lavorano all'Università di Ancona, mi aiutarono perché gli mandai dei campioni di placente di alcune donne romane e loro capirono che in alcune di esse c'era la plastica.

E allora io, che sono un ostetrico, mi posi il problema di capire se la plastica che arriva dal mare possa finire dentro il nostro "mare interno". Quello è un mare esterno, il Mar Mediterraneo, ma c'è anche un mare interno che è il liquido amniotico, ovvero dove vive il bambino. – Dott. Antonio Ragusa

Non la trovarono in tutte non perché la plastica non può essere presente in tutte le placente, come probabilmente è, ma perché noi analizzammo solo il 5% del materiale delle placente. Una placenta pesa all'incirca mezzo kilo, noi riuscimmo ad analizzare soltanto 40 o 50 grammi. In quel caso trovammo della plastica in alcune e non in altre,  ma non è detto che questo materiale non sia presente in tutte le placente in varie quantità, come è stato dimostrato nel tempo dopo la nostra ricerca. Il nostro studio è stato seminale, ciò vuol dire che dopo di noi molte ricerche sono seguite e hanno capito tante cose che noi all'inizio non comprendevamo. Noi stessi abbiamo proseguito con le ricerche, analizzando il latte materno e scoprendo che anche in questo liquido c'è presenza di plastica.

Naturalmente, la quantità e la qualità della plastica dipendono dalla vita che la donna fa. Alcune ne hanno di più, altre di meno, altre ancora hanno una qualità dell plastica che altre non hanno. Questo dipende dal tipo di vita che le persone conducono: quante bottiglie di plastica usano, quante bibite gasate in bottiglie di plastica bevono, quante volte chiamano il delivery food che porta il cibo incapsulato nella plastica, che tipo di vestiario comprano, se i capi sono sintetici o meno.

Il "mare interno" di cui parla è un termine scientifico o qualcosa che ha utilizzato lei?

È un termine poetico, non scientifico. La descrizione della realtà che noi possiamo fare è a vari livelli, una delle descrizioni è quella scientifica. Naturalmente io, essendo uno scienziato, ho molta dimestichezza con questa parte, ma sono completamente cosciente che non è l'unico modo di vedere la realtà. La vita è estremamente complessa, sebbene la realtà scientifica e il metodo scientifico siano uno dei migliori metodi per analizzare la realtà, ma non sono gli unici. La poesia è un altro, la filosofia è un altro ancora. Quel termine è più poetico, tuttavia riconosce una base scientifica perché noi stiamo dentro un sistema che è molto piccolo, è quello che ha a che fare con la superficie del Pianeta. Fuori da essa non c'è granché di luoghi abitati, o almeno noi non ne sappiamo ancora nulla. Noi non possiamo andare dentro il Pianeta, perché c'è magma, non possiamo andare fuori dalla biosfera, perché moriremmo, stiamo in una zona piccolissima che è la biosfera. Dentro di essa dobbiamo sopravvivere, qualsiasi cosa noi immettiamo nel mare esterno ritornerà nel nostro mare interno, ovvero nel nostro corpo.

Io ho promosso di fare una missione, finanziata dal Governo Brasiliano, nel Mato Grosso. Cercheremo di capire il latte prodotto dalle popolazioni che vivono nel Mato Grosso e ciò che si trova nei fiumi, per cercare di dimostrare che ciò che si trova nel "mare esterno" è anche ciò che troviamo nel nostro "mare interno", nei liquidi, in questo caso nel latte materno.

Lei ci ha appena detto che esistono degli studi successivi che hanno scoperto altre cose in più rispetto alla sua ricerca. Ci può dire cosa?

Certamente, le scoperte principali sono queste: prima di tutto, probabilmente la plastica è presente in varie qualità e quantità in tutte le placente. Poi, la plastica esercita un effetto drammatico laddove è presente, perché cambia la vitalità cellulare, modifica il modo in cui le cellule stoccano i liquidi e cambia la prevalenza di sindromi, come quella metabolica, ovvero come stocca il grasso nel corpo. In più, ha delle conseguenze anche dal punto di vista neurologico. Inoltre nei bambini, dato che stiamo parlando di placenta, sappiamo che più plastica esiste nelle placente e più questi bambini sono vulnerabili: sono più piccoli, hanno un cervello un po' più piccolo e hanno più difficoltà nel nascere.

Ricerche estremamente recenti, pubblicate nei primi mesi del 2024, su una delle riviste più importanti al mondo che è il New England Journal of Medicine da parte di un gruppo di studio napoletano, ci dicono che la plastica è contenuta anche negli ateromi, ovvero quelle placche che rivestono la porzione interna della nostra arteria e che sono la causa di ictus, ischemie, infarti e altre malattie di carattere cardiologico e circolatorio. Questa è un'evidenza molto recente, ma purtroppo le microplastiche che entrano nel nostro corpo attraverso la cute, quindi dai vestiti che indossiamo, o attraverso l'alimentazione, oppure tramite la respirazione, possono determinare purtroppo una serie di malattie più importanti.

E con il suo team invece, quali altri studi ha portato avanti? 

Purtroppo noi siamo poveri, io non ho mai avuto un gran talento per il denaro e questo adesso che sono più anziano mi fa dispiacere perché, non avendo soldi, tutte le ricerche che abbiamo fatto sono "De amore Dei", cioè ci hanno aiutato dei ragazzi grazie al loro entusiasmo. Siamo andati avanti nonostante le difficoltà economiche. Abbiamo contro delle lobby potentissime, perché la plastica è un prodotto del petrolio. Le grandi multinazionali remano contro, però noi insistiamo, cerchiamo di lottare e di fare le nostre ricerche per dimostrare che bisogna ridurre la produzione di plastica nel mondo.

Quindi il fatto che lei abbia potuto esaminare solo il 5% della placenta è anche per mancanza di fondi…

Assolutamente sì.

Ci può raccontare quale è stata la sua reazione emotiva quando ha scoperto per la prima volta la presenza di microplastiche nella placenta di una donna? 

Ho avuto una duplice reazione: da una parte uno scienziato è contento quando scopre qualcosa, quindi sono stato entusiasta di aver scoperto qualcosa, dall'altra mi sono subito reso conto che questa scoperta era drammatica. La presenza di plastica dentro la placenta era qualcosa di orribile.  Se l'uomo era arrivato a fare questo a se stesso, voleva dire che la situazione del mondo era difficile, drammatica. Quindi, ho avuto un duplice sentimento: da una parte la gioia di un ricercatore che trova un risultato, dall'altra la tristezza di un uomo che capisce che capisce che questo risultato è purtroppo qualcosa che inficia il mondo in cui vive.

Essendo stato spaventato da una scoperta del genere, oltre che contento, lei ha cambiato dei comportamenti e ha spinto perché li cambiassero anche i suoi cari?

Tantissimo, ho fatto un po' di fatica a convincere mia moglie perché comprava l'acqua minerale in bottiglia. Ci ho messo un po' per convincerla a non farlo, è stato un po' difficile perché ci ho messo più di un anno. Ora mia moglie beve l'acqua in vetro. Non compriamo più né bottiglie di plastica né bibite gasate. Io ero un grande appassionato di Coca Cola ma non la compro più, perché è il più grande inquinatore di plastica nel mondo. Non compro più vestiti sintetici, artificiali, prima acquistavo pail e altre robe. Anche se spendo un po' di più pazienza, mi compro un vestito di lana o di altri materiali che non siano sintetici. Cerco di ricorrere al delivery del cibo solo se indispensabile, in linea di massima provo a non mangiare quelle cose e anche a non usare Amazon e altri sistemi di consegna, perché più della metà della plastica utilizzata lo è per il packaging, ovvero per l'imballaggio. Ho cambiato molto le mie abitudini, senza dubbio.

C'è una consapevolezza che nasce in ambienti familiari, ma cosa manca a livello nazionale affinché le persone facciano loro questo problema? E le istituzioni sono preparate ad affrontarlo?

Questa è una domanda complessa, perché noi attualmente non abbiamo politici che hanno una grande consapevolezza di questo problema e che poi si spendono per la causa. Uno dei personaggi, forse l'unico, è Papa Francesco. Qualcuno potrebbe dirmi che non è un politico, però fa parte di tutti i grandi leader religiosi. A parte lui, non ci sono politici con una consapevolezza su questo tema che portino un'istanza di bene da questo punto di vista. Direi che senz'altro il problema è politico, nel senso aristotelico della polis, cioè per il bene della città. Ci vuole il coraggio di governare per volere il bene della città e purtroppo vuol dire talvolta essere contro la pancia della gente. Ci sono politici che inseguono l'elettorato perché questo è il cosiddetto beneficio elettorale perché si insegue il consenso. Governare però non significa inseguire il consenso, ma avere il coraggio di scelte difficili. Questo è un problema che già i greci riconoscevano, loro dicevano che la democrazia non è mai il governo dei migliori, ma quello dei più. Non ci sono però alternative valide alla democrazia, perché in passato il governo dei migliori si è trasformato, e accade ancora oggi, in dittatura. Questo non va bene.

La democrazia come la conosciamo noi ha bisogno di persone che cercano di convincere il popolo a eleggere dei politici che abbiano una consapevolezza del bene comune e non cerchino soltanto il consenso.

Si può parlare di "switch cognitivo" e quindi di una consapevolezza maggiore di essere all'interno di un ambiente interconnesso? 

Assolutamente sì. Bisogna guardare il mondo con un occhio di bene, anche soprattutto rispetto alle generazioni successive. Facendo un esempio pratico, se io guardo un bosco con un occhio di bene per i futuri abitanti della Terra, penso di doverlo tutelare il più possibile affinché le generazioni future possano goderne. Se invece lo guardo con un occhio capitalista, penso a quanta legna ne posso ricavare, quante case posso costruire, quanto carbone posso procurami, e così via. Dobbiamo cessare di guardare il bosco e il mondo con un occhio da capitalista, che ha a che fare solo con l'economia, e cominciare a guardarlo con un occhio diverso. Solo la nuova generazione potrà farlo, la mia ha fallito totalmente.

È vero che ognuno di noi mangia una quantità di microplastiche all'anno pari alla massa di una carta di credito? 

Mediamente sì, ma molto dipende dalle abitudini. Se io non compro e non uso oggetti con microplastiche, avrò una quantità di microplastiche molto inferiore. Viceversa, se continuamente uso e compro oggetti con microplastiche sarà enormemente superiore alla massa di una carta di credito.