Morto sbranato da tre rottweiler: perché il problema è ancora di chi educa gli animali

Sono numerosi i casi di cronaca di persone aggredite da questa razza canina, cosa deve fare chi possiede questi animali per vivere in sicurezza con gli altri?
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Francesco Castagna 12 Febbraio 2024

L'11 febbraio tre rottweiler hanno rincorso un uomo e lo hanno attaccato, sbranandolo. Il caso di cronaca in questa occasione è triste, perché l'uomo ha perso la vita a causa dei morsi dei cani, ma fa riflettere sull'importanza del ruolo di chi possiede questa razza. L'uomo stava correndo nel bosco di Manziana, una riserva naturale in provincia di Roma. Gli animali in questione sarebbero stati accalappiati e chi li teneva non avrebbe avuto tutte le relative accortezze, si apprende da un comunicato Oipa, l'organizzazione Internazionale Protezione Animali.

Non esiste infatti una razza canina più pericolosa delle altre, anche perché i criteri scientifici sarebbero davvero difficili da definire e su questo la ricerca non ha ancora una tesi certa. Nel 2008 lo aveva affermato anche l'Anmvi, l'associazione nazionale medici veterinari italiani, che ha ribadito come il 13 dicembre 2007 l'Unione europea abbia sancito il Trattato di Lisbona. Si tratta di un principio fondamentale in cui si riconoscono gli animali come esseri senzienti, ai quali spettano gli stessi diritti naturali degli uomini: fame, benessere, libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche, benessere naturale, libertà da malattie, ferite e traumi, attraverso la prevenzione o la rapida diagnosi e la pronta terapia etc.

Questo processo ha portato l'Unione europea ad affermare che non esiste una razza canina pericolosa di natura, proprio come non esiste un uomo biologicamente cattivo. Nel 2006 il Governo italiano aveva provato a emettere un'ordinanza sulla "tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani", all'interno della quale era prevista una lista delle razze potenzialmente pericolose. Nel corso degli anni però questa misura è stata abolita da altre sentenze, in quanto sarebbe difficile stilare un elenco delle razze senza finire nella discriminazione.

E poi quella delle aggressioni dei rottweiler potrebbe essere anche una tesi non vera, in quanto "se si controllassero le aggressioni legate ai soggetti delle razze in questione se ne potrebbe facilmente dedurre che il numero di aggressioni legate ai suddetti soggetti risultano molto meno importanti rispetto a soggetti di razze che neanche figurano nelle varie ordinanze ministeriali", spiega l'Oipa.

Ma quindi perché un cane diventa pericoloso per l'essere umano? Ci sono diversi fattori legati prevalentemente alla sfera comportamentale dei cani e a quella socio-culturale dei proprietari:

  • alcuni scelgono ancora una determinata razza di cane perché culturalmente associata a una immagine socialmente violenta che vuole trasmettere l'individuo. Ecco perché la formazione culturale dei proprietari è alla base della prevenzione di questi problemi;
  • le aggressioni da parte dei cani sono legate principalmente ad alcune patologie comportamentali che derivano dalle modalità di allevamento e addestramento: se non viene garantita la socializzazione intra e interspecifica, l'autocontrollo, l'esplorazione e la conoscenza degli stimoli, allora il cane presenterà problemi nel vivere in armonia con il mondo circostante.

I Rottweiler non sono un problema, ma potrebbe diventarlo chi li addestra. Per questo motivo l'Oipa lancia un appello alle istituzioni italiane: l'addestramento all'attacco va regolamentato meglio, come fanno in altri Paesi europei, e deve essere prevista una terapia per quei cani morsicatori per cui gli esperti ritengono che sia necessaria una cura.