Nel pranzo di Pasqua c’è ancora l’agnello, ma quanta sofferenza ci costa l'”eccellenza italiana”?

Agnelli macellati a poche settimane di vita dopo viaggi estenuanti, il tutto in nome di una tradizione religiosa che contraddice gli stessi precetti fondativi del cristianesimo. Dopo le ultime inchieste sull’industria della carne in Europa, non ci può più essere spazio per l’omertà. Ne è convinta l’onorevole Eleonora Evi che ricorda il potere che hanno le scelte di ciascuno di noi.
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Evelyn Novello 28 Marzo 2024
Intervista a Eleonora Evi Europarlamentare e deputata alla Camera per Alleanza Verdi e Sinistra

I tempi cambiano, la cultura evolve, eppure tante tradizioni sono dure a morire. Il pranzo pasquale a base di carne di agnello è una di queste. Secondo i dati di Essere Animali, ogni anno in Italia sono macellati oltre 2 milioni di agnelli, 375 mila solo a ridosso di Pasqua, tutto questo in nome di un'antica usanza cristiana che, a ben vedere, si scontra con molti precetti di questa stessa religione. Solo per fare un paio di esempi, il quinto Comandamento, "non uccidere" e la citazione "amerai il prossimo tuo come te stesso" tratta da il Vangelo secondo Marco non hanno motivi per non essere applicati anche agli animali.

Gli agnelli vengono strappati alla madre quando hanno un solo mese di vita. Trasportati per ore stipati nei camion, spesso devono attraversare tutta Europa per giungere al macello. Fase a cui molti di loro arrivano ancora coscienti. Ma ovviamente il discorso potrebbe essere esteso alla maggior parte degli animali consumati nella gran parte del mondo. Negli allevamenti intensivi, i maiali sono macellati trai 6 e gli 11 mesi, i bovini tra i 6 e i 24, i polli tra i 40 e i 50 giorni. Tutti ancora cuccioli.

Per capire come si sta muovendo la politica a riguardo e come noi stessi consumatori possiamo agire per cambiare questo sistema, abbiamo intervistato l'onorevole Eleonora Evi, europarlamentare da sempre molto sensibile su benessere animale e sostenibilità ambientale che ci ha ricordato che "anche con la forchetta si può esprimere un voto".

Evi, ci stiamo avvicinando a Pasqua e sappiamo che, purtroppo, tradizione vuole che si cucini l’agnello. Secondo lei come si può agire per cambiare la cultura?

La consapevolezza degli elettori ha un effetto diretto e molto forte sulla politica. Anche con la forchetta si può esprimere un voto. Comprare da determinati produttori evitando la grande distribuzione che ammazza gli agricoltori e calpesta i diritti dei lavoratori è già una grande azione che può avere risonanza anche nella politica. Una spinta molto forte può arrivare dalle persone, prima che dalle istituzioni. Le due realtà si influenzano a vicenda.

Prima ancora dell’approvazione di una legge, cosa potrebbero fare i singoli politici per orientare l’opinione pubblica verso un’alimentazione più sostenibile e un più generale rispetto degli animali? 

Nella comunicazione di alcuni politici italiani vedo un'esaltazione esagerata del "prodotto tipico italiano", vedi la Bresaola della Valtellina in cui poi si scopre essere prodotta anche con carne del Sud America. Dove sta, quindi, l'eccellenza italiana? È tutta una grande operazione di marketing. Vorrei invitare tanti politici ad andare sulle strade con le associazioni animaliste a vedere come sono trasportati gli agnelli verso il macello nel periodo pasquale. Quei cuccioli devono farsi viaggi infiniti molto piccoli, non ancora svezzati, privati anche dell'acqua. Lì vedrebbero con i loro occhi quanta sofferenza costano le nostre "tradizioni".

Lei si batte spesso per i diritti degli animali, dal contrasto della presenza degli animali selvatici nei circhi, alla sperimentazione animale, al trasporto di animali vivi di cui ha parlato più recentemente. Come è nato il suo impegno ambientale?

Questo mio impegno ambientale viene da molto lontano. Già in adolescenza avevo iniziato a interessarmi, a partecipare a manifestazioni, a fare attivismo in difesa degli animali come, ad esempio, per contrastare l'utilizzo delle pellicce di alcuni brand di moda. Sono ormai più di 20 anni che non mangio animali e questa mia sensibilità sul tema si è riversata nell'attività istituzionale. Ho portato avanti diverse proposte di legge al Parlamento Europeo, come la battaglia contro l'utilizzo delle gabbie negli allevamenti, speravamo di avere risposte più concrete entro la fine di questa legislatura ma sono evidentemente mancate. Ora sappiamo che è possibile abbandonare le gabbie, studi confermano che il benessere degli animali è migliore se vivono più in libertà. Come se ci fosse bisogno di una prova scientifica, poi.

Considerando molte immagini che stanno circolando che mostrano la sofferenza degli animali nei capannoni di gruppi industriali della produzione di carne, come considera la situazione italiana circa gli allevamenti intensivi? E quella europea?

Molte inchieste, tra cui il docufilm di Giulia Innocenzi, sono uno squarcio sull'omertà e sul disinteresse che ruotano attorno alla zootecnia nel nostro Paese. Ho voluto organizzare io stessa la proiezione di Food For Profit nel nostro Parlamento perché i politici non possono far finta di non sapere. Da più parti c’è la tendenza a sottovalutare quello che accade e a sminuire. Come abbiamo visto, non si tratta di poche mele marce, emerge una violazione sistematica delle norme che tutelerebbero il benessere animale in moltissimi allevamenti europei. Tra abuso di farmaci e sovraffollamento, scoppierà una bomba sanitaria nei nostro allevamenti e lo dice anche l’OMS.

allevamenti intensivi gabbie

Fino a oggi il tema è stato fortemente trascurato anche perché non esiste una definizione chiara di "allevamento intensivo" e questo consente una grande confusione nell’erogazione dei fondi. La normativa vigente è una vergogna colossale. Il finanziamento pubblico ad allevamenti e agricoltura intensivi continua a far sì che la fetta più grande vada ai grandi gruppi industriali. Cosa ci frena dal cambiare le regole?

Considerando la sua esperienza da eurodeputata, può constatare l’esistenza di una “lobby della carne”?

Beh, considerando le indicazioni e i pareri emersi sui vari emendamenti sì, questa lobby esiste. Che le associazioni di categoria portino l'attenzione ai propri interessi è anche giusto, ma questi interessi coincidono con quelli di pochi privati o con quelli della collettività? Poi in generale in Italia l’industria della carne ha fortissimi legami con la politica, le stesse associazioni di categoria fanno un grande lavoro con i decisori politici. Del legame di De Castro (Paolo De Castro, membro della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, ndr) con la lobby zootecnica, si sapeva già, o meglio, si immaginava, ma non è l’unico. Di chi siede nella Commissione Agricoltura europea, al 90% sono loro stessi agricoltori o proprietari di allevamenti. Nessuna legge lo vieta ma è un problema macroscopico, soprattutto in questa commissione che è tra le più numerose in Europa, dove passano moltissimi provvedimenti.

Quanto vede realistica l’approvazione di una legge che ponga un freno agli allevamenti intensivi, sia in Italia sia in Europa, soprattutto dopo l’adozione della Politica Agricola Comune che destina a questo comparto una bella fetta di fondi pubblici?

La differenziazione dell'Iva sui prodotti alimentari servirebbe per dare un prezzo alla sofferenza

Eleonora Evi

Prima ancora di una legge organica, i politici dovrebbero riorientare i soldi verso produzioni sostenibili, penso a misure come la differenziazione dell’Iva sui prodotti in base a quanto inquinano o generano sofferenza. Diamo un prezzo alla sofferenza che si nasconde dietro la produzione. Se così fosse, vedremmo il latte vaccino con l'Iva al 22% e quello vegetale al 4%. Proprio il contrario di quanto avviene ora. In continuità con questo, dovrebbero promuovere diete vegetali in tutti i luoghi pubblici, il menù di base dovrebbe essere quello vegano anche nelle mense scolastiche perché ci sono evidenze scientifiche sui benefici delle alimentazioni vegetariana e vegana.

Macello di animali allevamenti intensivi

Il tempo dell'omertà che ha consentito di far quello che alcuni volevano sta finendo, ed è grazie al risveglio di tanti cittadini e a inchieste e notizie. C'è grande consapevolezza ma quanto questa si rifletterà sulla politica è da vedere. Per ora sono contenta che abbiamo depositato una proposta di legge che ha accolto tante firme in maniera trasversale per chiedere uno stop a nuovi allevamenti intesivi e all'ampliamento di quelli esistenti. Chiediamo, parallelamente, anche l’inizio di un piano di riconversione delle aziende zootecniche esistenti. Ho qualche dubbio che questa legge vedrà la luce così com’è, ma è un primo passo.

Fonti | Essere Animali