Nelle profondità dell’Artico avviene la fotosintesi: queste piante riescono a farlo anche al buio

Uno studio condotto nelle acque del mar Artico dimostra che le micro-alghe possono effettuare la fotosintesi con quantità di luce estremamente ridotte. Questa scoperta apre nuove possibilità per coltivazioni anche in caso scarsa luminosità.
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Vincenzo Borriello 5 Ottobre 2024

La fotosintesi è uno dei primi fenomeni che impariamo tra i banchi di scuola. Già da quando siamo piccoli alunni ci viene spiegato che le piante usano la luce del sole per trasformare l’anidride carbonica e l’acqua in zuccheri e ossigeno. In pratica, grazie a questo processo biologico le piante producono nutrimento per sé stesse. C'è una cosa però che non ci hanno insegnato, perché fino a poco tempo fa non si sapeva: la fotosintesi può avvenire in condizioni che si pensavano proibitive, ovvero, di buio e sott’acqua, in profondità.

Come avviene normalmente la fotosintesi?

La fotosintesi è il risultato di una serie di passaggi complessi. La foglie catturano la luce attraverso la clorofilla nei cloroplasti. Cosa sono i cloroplasti? Sono degli organelli che si trovano nelle cellule delle piante, essenziali per la produzione della loro energia. Possiamo paragonare i cloroplasti a delle centrali energetiche che consentono alle piante di convertire la luce in nutrimento.

Alla fase di assorbimento della luce appena descritta, segue la reazione luminosa. L’energia luminosa scinde le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno, producendo due componenti fondamentali: l’ATP che fornisce energia e il NADPH che è un agente riducente. Quest'ultimo dona elettroni (e dunque idrogeno) alle molecole. Quando una molecola riceve elettroni, si dice che “viene ridotta”.

Questo processo rende la molecola più energetica o stabile. Dunque, sintetizzando, il NADPH serve alle molecole per essere più stabili e ottenere energia chimica cedendo elettroni. C’è, poi la fase del “Ciclo Calvin”, conosciuta anche come “fase oscura”. Qui l’anidride carbonica è catturata dall’aria e grazie all’energia dell’ATP e al NADPH ed è poi convertita in zuccheri semplici. Segue la fase di produzione di glucosio. Gli zuccheri semplici vengono combinati per formare il glucosio che la pianta può usare nell’immediato come fonte di energia, oppure immagazzinarlo per servirsene in un secondo momento. Attraverso queste fasi, le piante trasformano luce, acqua e anidride carbonica in nutrimento.

Lo studio sulle piante subacquee dell'Artico

Tutto quello che sapevamo sulla fotosintesi sta per essere stravolto da un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature, dal titolo “Photosynthetic light requirement near the theoretical minimum detected in Arctic microalgae”. Lo studio dimostra che le piante, in questo caso specifico le microalghe, possono crescere con molta meno luce di quanto si pensasse. Un team di ricercatori tedeschi ha misurato i livelli di luce a 50 metri di profondità nelle acque dell’Artico. Per fare ciò, sono stati usati degli appositi sensori. Lo scopo era stabilire quanto bassi debbano essere i livelli di luce prima che la vita vegetale cessi di esistere. I risultati sono stati a dir poco sorprendenti.

Alle microalghe basta pochissima luce per effettuare la fotosintesi: tecnicamente solo 0,04 micromoli di fotoni m-²/s-¹. Questo risultato ha smentito persino le simulazioni al computer che prevedevano un livello di luce di più alto come limite. Per sottolineare l’importanza di questi dati, è da considerare che le condizioni di luce tipiche in una bella giornata di sole in Europa sono comprese tra 1.500 e 2.000 micromoli di fotoni m-²/s-¹, ovvero più di 37.000-50.000 volte la quantità di luce richiesta dalle microalghe artiche.

Le possibili applicazioni della tecnica

Queste rivoluzionarie tecniche e le nuove conoscenze, renderanno quindi possibile sviluppare colture che richiedono una minor quantità di luce. Sfruttando il potenziale genetico delle microalghe, si consentirebbe a molte colture di sfruttare i benefici derivanti dall’utilizzo di approcci di selezione vegetale. Tutto ciò consentirebbe di sfruttare al meglio le brevi stagioni di crescita e di conseguenza, aumentare la produzione.

Tutti i vantaggi descritti, si potranno portare anche nelle tecniche di coltivazione di piante indoor che in gran parte dei casi utilizzano la luce artificiale, riducendo i costi energetici e di conseguenza, il prezzo del prodotto al dettaglio.

Ma c’è ancora un altro aspetto affascinante. Se la fotosintesi può avvenire in condizioni di luce ben al di sotto di quanto pensavamo, allora, questo processo vitale per le piante potrebbe realizzarsi anche nello spazio, riducendo il consumo di energia che solitamente è impiegato durante le missioni spaziali.