Noi e la natura, un rapporto imperfetto: ecco i disastri che non dovrebbero ripetersi

Ci sono stati incidenti nucleari, perdite di petrolio e di gas, terremoti ed eruzioni vulcaniche. E, nella maggior parte dei casi, sono successi anche per colpa nostra.
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Gianluca Cedolin 3 Aprile 2020

Ricorderemo il 2019 come un anno ricco di catastrofi ambientali, tutte aggravate dall’effetto della crisi climatica causata dall’uomo, a cominciare dagli incendi che hanno sconvolto prima l’Amazzonia e la California, e poi soprattutto l’Australia, protraendosi fino a pochi giorni fa. Secondo il report della ong inglese Christian Aid, nel 2019 sono morte oltre 4.500 persone per inondazioni, tempeste, incendi. Tutti fenomeni responsabili di danni irreparabili agli ecosistemi ma anche all’economia, visto che, sempre secondo il report, i 15 peggiori eventi sono costati ognuno almeno un miliardo di dollari.

Secondo la Banca mondiale, le perdite globali connesse alla crisi climatica e ai cataclismi potrebbero arrivare a far danni per 185 miliardi di dollari entro il 2100. Negli ultimi cinquant’anni ci sono stati disastri naturali devastanti: in questo articolo abbiamo raccolto i peggiori.

Le catastrofi nucleari: Chernobyl e Fukushima

Quando avvengono degli incidenti nucleari, le conseguenze possono essere drammatiche e influenzare la vita di luoghi e persone per molti anni. Tra i peggiori di sempre, impossibile non citare Chernobyl: l’esplosione del reattore numero 4 della centrale ucraina (allora sotto il contro dell’Urss), nel 1986, ha determinato dei livelli di contaminazione che rendono ancora oggi l’area invivibile. Secondo l’Onu le morti in conseguenze del disastro sono 4mila, ma alcune organizzazioni, come Greenpeace, stimano che circa 6 milioni di persone siano decedute nel mondo per tumori connessi con l’incidente.

L’agenzia internazionale per l’energia atomica ha classificato solo un altro incidente, oltre a Chernobyl, come catastrofico di livello 7, il massimo della scala Ines: quello nella centrale di Fukushima Dai-ichi, in Giappone, nel marzo del 2011, avvenuto in seguito a un violento terremoto e allo tsunami da esso conseguito. Oltre 180mila persone sono state costrette a evacuare l’area, e i livelli di radiazione, a quasi dieci anni dal disastro e nonostante i molti sforzi, sono ancora elevatissimi.

Il petrolio e i suoi disastri

Senza considerare tutti i danni che l’estrazione del petrolio, e soprattutto il suo utilizzo come fonte di energia, sta causando al clima del nostro pianeta, ci sono stati disastri ambientali connessi a perdite di questa miscela. Si pensi all’esplosione sulla piattaforma Deepwater horizon, nel golfo del Messico, avvenuta il 20 aprile 2010, in cui sono morti 11 uomini: secondo le stime, nei tre mesi seguenti all’incidente, sono fuoriusciti in acqua quasi 5 milioni di barili di greggio (1 barile di petrolio sono 159 litri).

Un altro disastro era stato quello della petroliera Exxon Valdez, che nel 1989 si era incagliata al largo dell’Alaska, rovesciando 40 milioni di litri di petrolio: non si tratta di uno dei peggiori, ma essendo avvenuto in un territorio appartenente agli Stati Uniti, ha ricevuto una copertura mediatica record. Nel 1988, nell’esplosione nella piattaforma petrolifera Piper Alpha, a 190 chilometri dalla Scozia, sono morti 167 lavoratori. Nel 1991, in piena guerra del Golfo, l’esercito iracheno ha dato fuoco a 650 pozzi di petrolio in Kuwait: un milione di tonnellate di greggio disperse nell’ambiente e danni inquantificabili all’aria.

Un ultimo disastro petrolifero di cui vogliamo parlare, troppo spesso dimenticato ma che continua tutt’oggi a essere letale, arriva dalla Nigeria: sul delta del fiume Niger, vengono disperse 40 milioni di tonnellate di petrolio circa ogni anno. Una tragedia pericolosa causata da condizioni di sicurezza non adeguate e sabotaggi di ladri di petrolio e che continua ad avere conseguenze drammatiche.

Gli incidenti con il gas: Seveso e Bhopal

Il disastro di Seveso, dal nome della cittadina brianzola maggiormente coinvolta, rimane nell’immaginario collettivo come uno dei peggiori di sempre, capace di stimolare la creazione di una direttiva europea ad hoc. Nel 1976, nell’azienda Icmesa di Meda, una perdita di diossina ha contaminato l’aria, colpendo la popolazione e l’ambiente, in particolare gli animali: 3.300 sono morti al contatto con il gas e altri 80mila sono stati macellati, per impedire che entrassero nella catena alimentare.

Un tremendo incidente legato al gas avviene nel 1984 anche in India, in una fabbrica di pesticidi di Bhopal: la perdita di 40 tonnellate di un gas velenoso (isocianato di metile) causa oltre 3mila morti e 50mila contaminati.

Altre catastrofi, come uragani e maremoti

Tra gli incidenti rimasti nel nostro immaginario collettivo non possiamo non citare l’uragano Katrina, che a fine agosto del 2005 ha causato circa 1.800 vittime nel Sudest degli Stati Uniti e oltre cento miliardi di dollari di danni. E soprattutto il terremoto di magnitudo 9.3 e il conseguente maremoto nell’Oceano indiano del 2004, capace di distruggere tantissimi villaggi e causare 230mila morti, una catastrofe incredibile.

Di eruzioni vulcaniche molto distruttive ce ne sono state molte negli ultimi cinque decenni: ricordiamo quella del Nevado del Ruiz, in Colombia, nel 1985, che ha sommerso la cittadina di Armero, uccidendone 25mila abitanti (su 29mila). O il vulcano islandese Eyjafjöll, le cui ceneri hanno bloccato per giorni l’Europa nel 2010.

Ultimi due, tra i tanti disastri naturali purtroppo degni di nota, la deviazione artificiale dei fiumi che ha fatto seccare il mare d’Aral (uno dei tanti danni naturali causati dalla corsa all’industrializzazione in Unione Sovietica), e la scarica di fulmini a Dronka, in Egitto, nel 1994, quando un fulmine ha causato lo scoppio di 5 serbatoi di petrolio. Un incidente assurdo costato la vita a 468 persone.