Non c’è più tempo: secondo un nuovo studio i ghiacci marini dell’Artico potrebbero sparire entro il 2035

I ricercatori della British Antarctic Survey sono convinti che stiamo andando verso le stesse condizioni climatiche dell’ultimo periodo caldo della terra, avvenuto circa 130mila anni fa. Questo porterebbe alla formazione di piccole pozze d’acque sulla superficie dei ghiacci in grado di ridurre la riflettività, assorbire molta più radiazione solare e innescare un processo di scioglimento inarrestabile.
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Kevin Ben Alì Zinati 14 Agosto 2020

Il domani è già qui, solo che questa volta non sarebbe una bella notizia. Già, perché entro il 2035 l’Artico potrebbe non avere più ghiacci marini. Tutte le previsioni che spostavano la fine dei ghiacci artici in estate almeno alla metà del secolo se non oltre il 2100 sarebbero state troppo ottimistiche: nel miglior scenario possibile, potrebbero sparire da qui a una manciata di anni. La ragione di un futuro così drammatico risiederebbe nel passato della Terra. Secondo il modello sviluppato dai ricercatori della British Antarctic Survey e descritto su Nature Climate Change, staremmo andando verso le stesse condizioni climatiche dell’ultimo periodo interglaciale, avvenuto 127mila anni fa, quando in estate cosiddetti laghetti di fusione sceglievano e danneggiavano grandi masse di ghiaccio portando al loro scioglimento.

Un meccanismo inarrestabile

Le precedenti proiezioni fornite dall‘Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) dell'Onu non avevano scacciato il pericolo, ma avevano quantomeno alimentato la speranza di avere tempo per trovare una soluzione. Perché da qui al 2100 (nel miglior scenario possibile) i ghiacci avrebbero potuto resistere. Invece il modello climatico elaborato dalla British Antarctic Survey accorcerebbe drasticamente i tempi. Secondo i ricercatori, entro il 2035 potrebbe verificarsi ciò che accadde durante il periodo estivo quasi 130mila anni fa. Sulla superficie dei ghiacci si formerebbero delle pozze d'acqua poco profonde, chiamate "laghetti di fusione”. Questi sarebbero in grado di ridurre la riflettività del ghiaccio e, assorbendo molta più radiazione solare, favorirebbero un processo di scioglimento e la fioritura del fitoplancton nell’oceano: in sostanza, creerebbero delle condizioni estreme che potrebbero seriamente compromettere il destino dei ghiacci dell’Artico. Nonostante si tratti di una previsione usata sull’analisi di quanto accaduto in passato e non di una misurazione diretta, lo scenario paventato dai ricercatori inglesi non è dei più rassicuranti.