Non è più la Terra di una volta: tutti i numeri di un Pianeta che cambia

Riscaldamento globale, deforestazione, estinzione delle specie, emissioni di gas serra. Il nostro Pianeta, ormai è chiaro, sta soffrendo. E sta soffrendo per colpa nostra. Oggi, nella Giornata della Terra, vi proponiamo in numeri ciò che nel corso degli anni le abbiamo fatto, facendo soffrire lei e i suoi abitanti.
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Sara Del Dot 22 Aprile 2019

Ne conosciamo molti segreti ma non l’abbiamo mai capita davvero. Sappiamo com’è fatta anche se l’unico modo in cui possiamo ammirarla è attraverso immagini satellitari e fotografie. La abitiamo da sempre, l’abbiamo studiata, analizzata, esplorata, ne abbiamo raggiunto ogni angolo, l’abbiamo letteralmente conquistata. Spesso senza il rispetto che meriterebbe.

La Terra è al momento la casa di sette miliardi di esseri umani e oltre otto milioni di altre specie animali, senza contare piante e alberi. Creature diverse con differenti esigenze, obbligate a convivere sulla stessa sfera fluttuante nello spazio per consentire a Lei di tenere in vita Noi. Perché sulla Terra ogni cosa è interconnessa con le altre, ciascun elemento naturale vive in funzione degli altri, proprio come un enorme ingranaggio a cui non possono mancare molle e rotelle. Tenere in salute la Terra, quindi, significa tenere in salute tutte le creature che la abitano. Perché lei non fa che restituirci ciò che noi le trasmettiamo. E ciò che le trasmettiamo non è altro che il frutto del rapporto tra noi e gli altri elementi che la compongono.

Ma come sappiamo, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare (ormai in via di acidificazione). Infatti, non sempre questa convivenza si è svolta in pace e armonia. La presenza dell’essere umano e il progressivo sviluppo delle sua attività, per sopravvivere ma soprattutto per aumentare produzione e profitto, ha provocato nel Pianeta numerosi cambiamenti. Cambiamenti che oggi chiamiamo climatici, ma di cui il clima non è altro che una piccola parte. Cambiamenti che, dal punto di vista della Terra, è difficile considerare come sinonimo di progresso.

Innanzitutto è importante cominciare dalla causa principale del surriscaldamento climatico. La Co2. Le emissioni sempre più alte che riempiono l’aria intorno a noi provocando il famoso effetto serra sono infatti ormai il principale problema a cui i leader mondiali vengono spinti a porre rimedio. Soprattutto perché la loro quantità nel tempo è cresciuta e si è diversificata, diventando sempre più pericolosa.

I numeri della Terra

7 milioni di morti premature

Certo, in una società industrializzata come la nostra che fa ancora troppo affidamento sui combustibili fossili non è facile trovare delle vie di fuga. Eppure ridurre le emissioni non è un optional. Non può esserlo. Perché il pianeta sta soffocando e dobbiamo salvarlo, per salvare noi stessi. Infatti, secondo le stime dell’Onu ogni anno sono circa 7 milioni le morti premature causate dallo smog, senza contare il progressivo fenomeno di acidificazione degli oceani che sta uccidendo i pesci e la barriera corallina.

1 grado di surriscaldamento

I gas serra rappresentano la causa principale del surriscaldamento globale, che ha portato la temperatura media mondiale a crescere, nel 2018, di oltre un grado rispetto al 1900. Detta così non ti sembrerà una cosa grave, ma considera che proprio il 2018 è stato il quarto anno più caldo di sempre. E i leader mondiali, secondo le disposizioni dell’accordo di Parigi, dovrebbero fare in modo di mantenere l’aumento di temperatura entro 1,5 gradi entro la fine del secolo. Una sfida praticamente impossibile, a meno che non si agisca subito con un taglio netto.

3000 metri di quota

Ma cosa provoca questo aumento di temperature? Purtroppo spesso la risposta corretta è anche quella più scontata. Le prime vittime sono, infatti, i ghiacciai. Quei ghiacciai che ogni anno diminuiscono di km quadrato in km quadrato e che si stanno ritirando a una velocità disarmante. Secondo uno studio recente, entro il 2100 potrebbero rimanere sul Pianeta soltanto quelli presenti a oltre 3000 metri di quota. E il danno di questo rapido e progressivo scioglimento non riguarda soltanto la minor disponibilità di risorse idriche dovuta alla loro sparizione. Perché, una volta tramutati in forma liquida, questi ghiacciai si riversano negli oceani provocandone un pericoloso innalzamento.

60 cm di acqua in più

Dal 2006 e il 2016, il livello del mare è aumentato di circa 3 millimetri all’anno a causa del riscaldamento globale. Complessivamente, nel corso degli ultimi 50 anni gli oceani di tutto il mondo si sono alzati di 27 millimetri a causa dello scioglimento dei ghiacciai, che rappresenta la causa per circa il 30%. Entro il 2100, le stime più ottimistiche prevedono un innalzamento complessivo tra i 60 e i 90 centimetri. Le conseguenze potrebbero essere davvero devastanti: meno risorse idriche utilizzabili per la sopravvivenza delle persone e l’agricoltura, il rischio che intere città, come ad esempio Venezia, vengano letteralmente sommerse, la progressiva sparizione degli habitat naturali di diverse specie in via di estinzione.

14 specie a rischio nel 2018

Già, perché noi di specie animali ne abbiamo già fatte sparire diverse. E solo nel 2018, sono ben quattordici quelle che abbiamo rischiato di perdere. A causa del bracconaggio, a causa della sparizione dei luoghi in cui vivono e fanno crescere i loro piccoli come, ad esempio, le foreste.

7,2% di foreste in meno

Quelle stesse foreste che, solo nell’arco di tempo tra il 2000 e il 2013, sono diminuite del 7,2% per lasciare spazio a monocolture e solo nel 2016 hanno perso complessivamente 29,7 milioni di ettari.

Insomma, pare che i numeri che la Terra ci dà non siano esattamente da premiare. Tuttavia, non è ancora troppo tardi per cambiare le cose. Migliorarle. E tornare ad abitare un mondo che altro non desidera se non vivere in salute per noi e con noi.

Fonti| PNAS; WWF; NOAA;
"Global environmental consequences of twenty-first-century ice-sheet melt", pubblicato su Nature il 6 febbraio 2019;
"The last frontiers of wilderness: Tracking loss of intact forest landscapes from 2000 to 2013", pubblicato su Science Advance il 13 gennaio 2017.