
A far riflettere sono i dati Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), secondo i quali nel nostro Paese il cemento cresce più della popolazione: nel 2019, secondo l’ultimo rapporto presentato a luglio, sono nati 420mila bambini, mentre la cementificazione è avanzata di 2 metri quadrati ogni secondo di ogni minuto di ogni ora di ogni giorno dell’anno, per un totale di 57 milioni di chilometri quadrati. È come, sottolinea l’Istituto, se ogni bambino nato nel 2019 “si fosse portato nella culla 135 metri quadrati di cemento”.
Il cemento avanza – E lo spreco di suolo, spiega l’Ispra, continua ad avanzare anche nelle aree a rischio sismico e idrogeologico. Zone che in Italia raggiungono percentuali preoccupanti: secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto, quello relativo al 2018, il 91,1% dei Comuni italiani è a rischio (contro l’88% del 2015), e il 16,6% del territorio nazionale è ora mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Proprio in queste aree già “fragili” il cemento continua ad avanzare, a volte sottovalutando i rischi e a volte addirittura ignorandoli volutamente: l’abusivismo sfrenato e la cementificazione selvaggia possono infatti essere legate anche alle infiltrazioni criminali di quelle che in questo contesto vengono ormai chiamate “ecomafie”.
Dissesto e disastri – La diminuzione delle aree naturali, l’aumento del territorio “consumato” dall’uomo e l’espansione del tessuto urbano in aree spesso instabili vengono così indicate come le cause (o quantomeno le concause) dei disastri naturali relativi al dissesto idrogeologico. Disastri che, senza contare le vittime di episodi rimasti tristemente nella storia come il disastro del Vajont nel 1963 (1.917 morti), l’alluvione di Firenze nel 1966 (35 morti) e quella di Genova nel 1970 (35 morti), il disastro della Val di Stava nel 1985 (268 morti) e l’alluvione in Valtellina nel 1987 (53 morti), solo negli ultimi 18 anni, secondo una ricerca Cnr-Irpi hanno provocato oltre 400 morti. Basta ricordare, tra i casi più recenti, l’alluvione di Sarno e Quindici nel 1998, la frana di Ischia nel 2006, l’alluvione di Vibo Valentia nel 2006 e quella di Messina nel 2009. E negli ultimi anni questi episodi sono aumentati di numero e di intensità anche a causa dei fenomeni meteorologici estremi, che hanno spesso aggravato la situazione.
Fermare il consumo di suolo – È quindi chiaro che l’appello giunto da più parti (compresi istituti di ricerca, associazioni ambientaliste e società civili) per fermare il consumo di suolo non possa più restare inascoltato, e che si debba agire ora, subito, in prima persona. E chiunque può farlo anche dando un contributo “di indirizzo”, cioè sostenendo quelle realtà e quelle aziende che hanno a cuore questi problemi e che si sono attivate per giungere a una soluzione.
L’impegno di MD per l’ambiente – Come MD che, per il suo nuovo polo logistico bergamasco di Cortenuova (destinato a essere il più grande d’Italia nel canale discount e a servire tutti i punti vendita del Nord e del Centro-Nord del Paese), invece di puntare su un terreno vergine ha scelto appositamente di acquisire un’area degradata sulla quale sorgeva un’acciaieria e quindi, con un investimento da oltre 80 milioni di euro, di provvedere alla bonifica e alla riqualificazione. Con un progetto che, oltre a non consumare nuovo suolo recuperando invece un’area dismessa, minimizza anche l’impatto ambientale con la creazione di 44mila metri quadrati di aree a prato e zone alberate, e favorendo l’utilizzo di energie rinnovabili. Un’iniziativa che amplia il progetto de “La buona spesa non solo a parole” (che prevede la neutralizzazione, piantando alberi, delle emissioni di CO2 della flotta di mezzi di MD) e che ancora una volta rende protagonisti i clienti di MD. Che possono dire basta allo spreco di suolo non solo a parole ma con le loro scelte quotidiane.