
Se ti piace il mare, forse anche tu hai immaginato almeno una volta di prendere un grosso bidone e buttarci dentro tutta la spazzatura che vedi galleggiare nelle sue acque. Un mare pulito e incontaminato è il sogno di tutti quelli che lo amano.
Purtroppo, però, la realtà è ben diversa e decisamente preoccupante. Ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici vengono scaricati negli oceani, come se ogni minuto un camion scaricasse in acqua il suo carico di immondizia. E ai rifiuti plastici si aggiungono sostanze chimiche, olii, micro-particelle nocive che nemmeno vediamo ma che galleggiano tra le onde in quantità inimmaginabili. Detriti, sporcizia, rifiuti che si accumulano ogni giorno che passa, diventando sempre più difficili da quantificare e soprattutto da eliminare.
Gli animali marini muoiono perché rimangono incastrati nei sacchetti di plastica, perché ingeriscono componenti di oggetti, perché gli anelli delle lattine deformano il loro corpo e i loro organi impedendo loro di vivere secondo natura.
Numerosi esperti dicono che anche solo provare a pulire i mari dalla quantità di rifiuti che li contamina comporterebbe un dispendio di forze e denaro troppo grande. Ma ci sono persone che non hanno voluto darsi per vinte. E hanno provato a mettere in pratica una loro intuizione, supportati da chi credeva nei loro progetti. Sto parlando di due surfisti australiani e un giovane studente olandese che hanno qualcosa in comune: l’amore per il mare e la voglia di fare qualcosa per liberarlo dall’inquinamento.
The Seabin Project è progetto tanto rivoluzionario quanto semplice dedicato alla pulizia dei mari.
Realizzato dall’omonima start up fondata da due surfisti australiani, Andrew Turton e Pete Ceglinski, il Seabin consiste in una sorta di bidone dell’immondizia del mare, che viene immerso in acqua e raccoglie spontaneamente i rifiuti che è il mare stesso a trascinarvi dentro. Ma non solo: l’acqua che entra nel bidone viene filtrata ed espulsa tramite una pompa elettrica che la depura anche da olii, carburanti e altri liquidi nocivi.
Il Seabin lavora 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, e richiede una manutenzione minima: viene svuotato circa ogni due settimane. Così, Andrew e Pete hanno la possibilità di realizzare il loro sogno: liberare il loro amato mare da tutta la plastica e l’immondizia che lo soffocano sempre di più. La notizia del progetto ha fatto il giro del mondo, tanto da approdare anche in Italia: grazie al progetto Plasticless, sostenuto da LifeGate e Volvo, è stato da poco installato il primo Seabin nel porto di Marina di Varazze, in Liguria.
The Ocean Cleanup è un progetto nato nel 2013 da un’idea dell’olandese Boyan Slat che già a 17 anni, sul palco di Tedx a Delft, aveva manifestato l’intenzione di progettare una struttura che sfruttasse le correnti stesse per ripulire i mari. Nel corso dei 5 anni successivi, Slat ha fondato una start up dedicata al progetto, con cui ha raccolto oltre 2 milioni di dollari tramite una campagna di crownfounding, che gli ha permesso di concretizzare la sua idea. A giugno 2016, la prima piattaforma è stata installata nel mare del Nord.
The Ocean Clean Up consiste in una serie di barriere galleggianti posizionate in mezzo al mare, in cui sono le correnti marine, il vento e le onde a trasportare l’immondizia. La piattaforma si nutre di energie rinnovabili e non fa uso di carburanti o altre sostanze potenzialmente inquinanti. Inoltre, non è dotata di una rete, ma di semplici strutture che raccolgono i rifiuti presenti in superficie o poco in profondità, in modo da evitare che i pesci vi rimangano impigliati. Una volta al mese, una barca raggiunge la piattaforma recuperando tutti i rifiuti raccolti.