Parla il climatologo Luca Mercalli: “Per salvare il pianeta occorre cambiare il modello economico”

La situazione è grave e il tempo degli annunci è finito. Per Luca Mercalli la transizione ecologica non può prescindere da un ripensamento dell’attuale modello economico, ossessionato dalla crescita del Pil: “È come se dicessimo di volerci mettere a dieta, ma intanto continuiamo ad abbuffarci, mentendo al medico e a noi stessi”.
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Federico Turrisi 22 Aprile 2021

Oggi è l'Earth Day, la giornata della Terra, e c'è poco da stare allegri. Stiamo vincendo la battaglia contro la crisi climatica? A guardare i dati relativi alle emissioni di gas serra, ai tassi di deforestazione, al consumo di suolo (e l'elenco potrebbe proseguire ancora) non sembrerebbe proprio. I temi ambientali stanno acquisendo maggiore spazio all'interno del dibattito pubblico. Merito anche delle attività dei ragazzi di Fridays for Future, se vogliamo. A parole poi aziende e politici sono bravissimi a celebrare tutte le virtù dell'essere sostenibili. "Ma i fatti dove sono?". Non nasconde il suo pessimismo Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico. Ci tiene però a sottolineare che "la lotta non deve mai fermarsi".

C'è chi ha definito il 2021 un anno decisivo per la lotta contro il cambiamento climatico: gli occhi sono puntati soprattutto alla Cop26 di Glasgow.

Sappiamo tutti quanti siano lenti i provvedimenti dei grandi accordi internazionali. L’unico dato un po’ ottimista per la Cop26 del prossimo novembre è il rientro degli Stati Uniti negli accordi di Parigi.

Quindi l’amministrazione Biden potrebbe segnare una svolta?

Ce lo auguriamo. Sicuramente il presidente Biden ha mostrato una grossa discontinuità rispetto al suo predecessore Trump, che era palesemente un negazionista climatico. Biden ha subito manifestato la volontà di portare avanti una politica più attiva per la lotta al cambiamento climatico. Di annunci così, però, in 30 anni che faccio questo lavoro ne ho sentiti tanti. Nella sostenibilità ambientale abbiamo le grandezze fisiche che ci guidano. Guardiamo il grafico relativo alla concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera: la CO2 continua a salire, nonostante annunci e accordi internazionali. È un po’ come se il paziente andasse dal medico dicendogli “io la dieta l’ho fatta”; ma il medico guarda i livelli di colesterolo in aumento e gli risponde: “mi stai prendendo in giro”.

E in Italia come vanno le cose? Abbiamo questa grande occasione chiamata “Next Generation EU” per puntare di più sulla transizione ecologica: la stiamo sfruttando?

Mi sembra che stiamo assistendo a un’enorme quantità di compromessi, che subordinano continuamente le scelte ambientali a quelle dell’economia “business as usual”. Cioè si sta cercando di conciliare due aspetti che non possono andare d’accordo. Per riprendere la metafora precedente, se hai deciso di metterti a dieta, devi rinunciare alle lasagne al forno.

E le lasagne, in questo caso, potrebbero essere i sussidi alle fonti fossili?

Per esempio. I sussidi ambientalmente dannosi sono qualcosa di intollerabile. Cominciare a toglierli sarebbe il minimo.

Quali sono le priorità, non solo per il nostro Paese, ma anche a livello europeo e mondiale?

Bisogna rendersi conto che questo tipo di economia, basato sulla crescita all’infinito, non può funzionare se si vuole salvare l’ambiente, perché la crescita è la causa del danno ambientale. La prima cosa da fare è ammettere che questo modello economico dev’essere cambiato. Non si fa in una settimana, me ne rendo conto perfettamente. Ma già ammettendolo, è possibile cominciare a lavorarci sopra. Abbiamo dei modelli economici alternativi, che però continuano ad essere ignorati: l’economia di stato stazionario, l’economia della ciambella proposta da Kate Raworth eccetera. Invece continua a vincere la crescita del Pil. E in questo caso si possono mettere soltanto delle pezze; ma è chiaro che finché si vedono le energie rinnovabili o le auto elettriche come sostituzioni delle fonti fossili per generare profitto si va avanti nel business as usual.

Ci può fare un esempio?

In Italia abbiamo un'emorragia di suolo in corso: secondo l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ndr), consumiamo 2 metri quadrati al secondo di suolo. La cementificazione ci sta mangiando per sempre il terreno migliore, che serve per produrre cibo, ma anche per sottrarre CO2 dall’atmosfera e per mitigare gli effetti delle inondazioni. Un capitale unico, il cui cambiamento diventa irreversibile. Nel nostro Paese la legge per fermare il consumo di suolo giace in Parlamento dal 2012. Io vorrei vedere il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani battersi ogni giorno per chiedere l’approvazione da parte delle Camere della legge contro il consumo di suolo. Nei vari webinar a cui partecipa, Cingolani dice tutto quello che andrebbe fatto. Ma dopo le parole io voglio i fatti concreti.

Secondo lei non c’è speranza per il pianeta e per il genere umano?

Mi considero una sorta di medico del clima. Il medico metabolizza in parte la sofferenza dei suoi pazienti, però continua a lavorare per salvarli. Purtroppo non c’è nessun segnale positivo. Due giorni fa è uscito un rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia dove si metteva in evidenza che nel 2021 le emissioni di CO2 saliranno come mai hanno fatto prima dell’emergenza Covid-19 per compensare le perdite economiche causate dalla pandemia. Mi occupo di scienza, quindi osservo e analizzo i dati. Come si fa a essere ottimisti? Non c’è un solo indicatore che stia migliorando. La fotografia è questa, ed è estremamente preoccupante. Con questo però non voglio dare l’impressione che si smetta di lottare. La speranza c’è sempre. Se si prende coscienza della gravità della situazione, si possono cambiare le cose. Bisogna volerlo. Anche se non vedo la percezione dell’urgenza né da parte della politica né da parte della società, io sarò comunque sempre in trincea fino all’ultima pallottola. Magari non servirà. Lo faccio per i miei nipoti.