Per Greenpeace la Turchia rischia di diventare la nuova discarica d’Europa

Secondo una recente indagine condotta dall’organizzazione ambientalista, nel 2020 la Gran Bretagna ha spedito in Turchia più del 40% dei suoi rifiuti di plastica. Solo che, anziché essere avviati a riciclo, in molti casi vengono abbandonati in siti illegali, dispersi nell’ambiente o dati alle fiamme.
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Federico Turrisi 19 Maggio 2021

Prima la Cina, poi il Sud-est asiatico (e in particolare la Malesia), e adesso la Turchia? Lo stato mediorientale potrebbe essere diventato la principale destinazione della plastica che non vogliamo più in Europa. O almeno così denuncia Greenpeace Uk, che recentemente ha pubblicato un rapporto sulle spedizioni di rifiuti di plastica dal Regno Unito. Ebbene, nel 2020 circa il 40% – per una quantità pari a 210mila tonnellate – dei rifiuti di plastica che il Regno Unito (il Paese con il più alto tasso di produzione di rifiuti pro capite al mondo dopo gli Stati Uniti) ha smaltito all’estero è stato inviato proprio alla Turchia.

Se alcune aziende turche vengono pagate per riciclare regolarmente la plastica che arriva dall'estero, nel corso dell'investigazione compiuta dagli ambientalisti in dieci siti nel Sud della Turchia sono stati trovati rifiuti provenienti da supermercati britannici e tedeschi. Montagne di plastica vengono abbandonate nelle discariche, se non finiscono addirittura nei campi o nei corsi d'acqua, e bruciate illegalmente.

"Come mostrano queste nuove prove, i rifiuti di plastica provenienti dall'Europa alla Turchia rappresentano una minaccia ambientale, non un'opportunità economica. Le importazioni incontrollate di rifiuti di plastica non fanno altro che aumentare i problemi esistenti nel sistema di riciclaggio della Turchia. Si stima che ogni giorno circa 241 camion carichi di rifiuti di plastica arrivino in Turchia da tutta Europa e questo ci travolge", ha commentato Nihan Temiz Ataş, responsabile dei progetti di biodiversità di Greenpeace Mediterranean, con sede in Turchia.

Il problema non è nuovo. Da quando la Cina ha imposto il blocco alle importazioni di rifiuti provenienti dall'estero all'inizio del 2018, il settore nei Paesi occidentali è stato messo in difficoltà. Ma anziché cogliere l'occasione per rendere più efficiente la macchina del riciclo, troppo spesso si è deciso di ricorrere alla soluzione più facile e allo stesso tempo dannosa: spedire la spazzatura indesiderata verso altri Paesi del mondo. Secondo un rapporto dell'anno scorso realizzato dall'Interpol, sono almeno 24 i paesi interessati da importazioni illegali di rifiuti di plastica e 17 quelli da esportazioni illegali, con l'Europa in prima fila (Italia inclusa). Sono state rilevate spedizioni illegali sul 40% delle rotte commerciali dall'Europa all'Asia e su un terzo di quelle dal Nord America all'Asia. Il punto è che in tutto questo il primo a pagarne le conseguenze è l'ambiente.