Perché in Italia ci sono così tanti casi di peste suina, LAV: “I cacciatori sono i primi vettori di diffusione della malattia”

In città e nella Regione Emilia Romagna è entrato in azione l’Esercito italiano: sono dieci i militari attivi sul posto per monitorare gli animali.
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Francesco Castagna 8 Febbraio 2024

Immagina a un certo punto di uscire di casa nella tua città e di trovarti l'esercito con dei droni. Non proprio qualcosa di rassicurante vero? È quello che si è verificato a Piacenza, in Emilia Romagna, dopo che si è diffusa un'epidemia di peste suina africana nei cinghiali presenti sul territorio. C'è comunque una notizia positiva, secondo quanto emerge dall'ANMVI, l'Associazione nazionale medici veterinari italiani, non ci sono tracce di contagio negli allevamenti, che però sono in stato di allerta e hanno rafforzato le misure di sicurezza. Per ora i casi riguardano soltanto gli animali che vivono in maniera selvatica in natura. Ma come si è diffuso il virus e, soprattutto, può contagiare anche gli esseri umani?

Stiamo parlando del virus che viene indicato con la sigla ASFV, si tratta di un patogeno particolarmente resistente che può resistere fino a 100 giorni negli ambienti esterni. Il virus ASFV inoltre resiste per diversi mesi nella carne congelata o negli animali che sono guariti dal virus. Non essendoci una particolare cura, il modo più comune per arginare il virus è l'abbattimento degli esemplari contagiati o considerati a rischio. Per fortuna il virus che provoca la peste suina è innocuo per l'uomo, da quello che è possibile apprendere da un comunicato dell'EFSA.

Nonostante un calo nel 2022, l'Ispra l'anno precedente (2021) aveva stimato almeno un milione e mezzo di animali contagiati. Ma cosa sta accadendo? Lo abbiamo chiesto a Massimo Vitturi, responsabile Animali Selvatici LAV.

Vitturi, perché si stanno diffondendo questi casi? 

La peste suina africana è una malattia estremamente contagiosa tra cinghiali e maiali e causa la morte di più del 90% degli animali contagiati. Tutti i cinghiali che passeranno nello stesso luogo in cui i cacciatori hanno ucciso un esemplare infetto rimarranno contagiati, poiché il virus è in grado di rimanere negli animali per un tempo pari a circa un anno. I cacciatori con le loro scarpe possono trasportare il virus e contribuire alla diffusione delle malattie. Non a caso l'EFSA da sempre indica i cacciatori come i primi vettori di diffusione di peste suina africana. La sua espansione è collegata alla altissima virulenza di questa malattia e all'intervento umano, in particolare da parte di chi li caccia.