Perché restiamo immobili quando abbiamo paura?

Tra i vari modi in cui rispondiamo alla paura c’è anche il cosiddetto congelamento. È un fenomeno normale che si innesca automaticamente quando il nostro cervello capisce che l’attacco o la fuga dal pericolo non sono opzioni praticabili o efficaci.
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Kevin Ben Alì Zinati 19 Ottobre 2024

Al di là della retorica e delle frasi fatte, provare paura è normale: è una delle emozioni più primitive e potenti che possiamo sperimentare e una di quelle che contraddistinguono l’essere umano.

La paura è una risposta naturale che il nostro corpo – fatto di mente, organi e muscoli – mette in campo di fronte a situazioni che percepiamo come minacciose o pericolose.

Ci sono diversi modi in cui la paura si manifesta e ciascuno di noi le dà una forma assolutamente personale. A moltissimi, per esempio, capita di non riuscire a reagire e di restare letteralmente pietrificati.

Accanto a questo fenomeno, che prende il nome di risposta di "freeze" (termine inglese per congelamento), è nota anche un altro tipo di risposta alla paura, il cosiddetto “fight or flight” che puoi tradurre con “attacca o scappa”.

Fight or Flight Response

La risposta di “fight or flight”, come ti dicevo, è una delle reazioni naturali che mettiamo automaticamente in campo di fronte a una situazione che ci incute paura.

Descritta per la prima volta dal fisiologo Walter Bradford Cannon negli anni ’20, questa risposta parte dal nostro sistema nervoso simpatico che, quando sollecitato, si attiva rilasciando ormoni come l’adrenalina e il cortisolo che eccitano il corpo, lo stimolano a fare fondamentalmente due cose: attaccare e combattere la minaccia oppure innescare le gambe e fuggire.

Quando è in atto una risposta “fight or flight”, tutto il corpo dell’individuo si accende. Aumenta infatti la frequenza cardiaca perché il cuore e i muscoli richiedono necessariamente più sangue e dunque più ossigeno per scattare, si dilatano le pupille, he di fatto acuiscono la vista e aumenta anche la frequenza della respirazione, che aiuta anch’essa a dare più ossigeno ai muscoli.

La risposta "freeze"

Da poco tempo la scienza ha accettato nel novero anche una terza forma di risposta alla paura: la cosiddetta “freeze” o congelamento.

Te lo spiego così. Quando il nostro cervello – in miniera del tutto automatica – percepisce che una risposta “aggressiva” verso ciò che ci sta suscitando paura non è l’opzione migliore, così come non lo sarebbe quella opposta, dunque la fuga, da solo ricorre a un’altra via detta, appunto, congelamento.

La “fight or flight” tanto quanto la risposta “freeze” sono tutti comportamenti che contraddistinguono animali ed esseri umani e che è appartiene alla nostra storia evolutiva.

In sostanza, restiamo immobilizzati quando il nostro cervello, e in particolare l'amigdala e il cervelletto, ritengono che restare fermi immobili in mezzo a una situazione spaventosa sia la strategia di sopravvivenza più efficace. In questi casi, a livello fisiologico, la frequenza cardiaca al contrario di prima si riduce, i muscoli si tendono irrigidendosi e l’intero corpo resta immobile.

I motivi del freeze

Sono tante e diverse le ragioni per cui il nostro corpo sceglie la risposta "freeze" in situazioni di paura estrema.

A volte è un vero e proprio istinto di sopravvivenza a guidarci. In molte situazioni, rimanere immobili può aumentare le probabilità di sopravvivenza e molti animali, applicandolo, sono riusciti a evitare predatori e dunque sopravvivere.

Tieni presente poi che il congelamento può anche essere una sorta di strategia per prendere tempo e valutare meglio la situazione e le opzioni a nostra disposizione.