Plastica che torna petrolio: dall’Australia gli scarti si trasformano in carburante

Uno strumento innovativo permette di processare i rifiuti plastici agendo direttamente sulle molecole del materiale. Così, scarti anche diversi tra loro possono tornare al loro stato originario, quello del petrolio, diventando bitume, carburante e altra plastica.
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Sara Del Dot 27 Novembre 2019

La plastica, lo sappiamo, non nasce sugli alberi e non si compone di elementi compatibili con la natura. Si tratta di un polimero, ovvero un insieme di molecole concatenate tra loro, realizzato a partire dall’estrazione del petrolio. E in un momento storico in cui si cerca in tutti i modi di capire in che modo liberarsi dei suoi scarti dannosissimi per l’ambiente, c’è chi ha pensato che, al petrolio, potrebbe ritornare.

L’intuizione è di alcuni scienziati australiani, che hanno messo a punto una nuova tecnologia finalizzata a processare la plastica per trasformarla in bitume, carburante e nuova plastica. Ok, niente che non abbia già sentito, dirai. Ma la cosa incredibile di questa nuova invenzione è il fatto che è in grado di coinvolgere anche diversi tipi di plastica insieme, di diversi colori e addirittura i tipi di materiale che non possono essere riciclati.

Come può accadere tutto questo? Grazie a uno strumento innovativo chiamato reattore idrotermico catalitico chiamato CAT-HTR, che agisce sulla plastica attraverso acqua bollente e alta pressione direttamente a livello molecolare, scomponendola in liquido e ri-trasformandola in petrolio, da dove proviene.

Questa tecnologia è stata sviluppata dall’azienda di riciclaggio australiana Licella, in collaborazione con un docente della Sydney University, Thomas Maschmeyer. Queste due realtà ci hanno lavorato per circa dieci anni e ora sono pronte a presentare l’invenzione al mercato. L’obiettivo è quello di aprire un impianto, il primo, in Gran Bretagna che sarà in grado di processare 20 mila tonnellate di plastica ogni anno.