Prima della fine del mondo: cos’è il last chance tourism?

Visitare quelle parti di mondo più esposte alla crisi ecologica, prima che sia troppo tardi. Anche se visitarle potrebbe contribuire a farle sparire. Ecco il last chance tourism.
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Mattia Iannantuoni 31 Luglio 2023

Immagina: orde di turisti in uno dei luoghi più caldi del pianeta, la Death Valley in California, proprio mentre il termometro toccava i 53 gradi celsius. Cosa può averlo spinti in quel forno a cielo aperto? Una scommessa persa?

In realtà si tratta di “last chance tourism”, il turismo dell’ultima possibilità. Consiste nel raggiungere quelle destinazioni i cui scenari, specie e habitat naturali sono sempre più danneggiati irrimediabilmente a causa della crisi ecologica. Un turismo basato quindi sul visitare quelle parti di pianeta che stiamo rendendo non più visitabili, prima che sia troppo tardi.

Tipo a Churchill, Manitoba, dove si cercano gli ultimi orsi polari rimasti. O in Australia, dove ci si immerge nella Grande Barriera Corallina prima che sbianchi. O sulle Alpi europee, per scalare gli ultimi ghiacciai prima che fondano.

Il last chance tourism è un paradosso: si viaggia per visitare mete vulnerabili alla crisi climatica e ambientale, ma spesso il viaggio stesso, con i suoi iper-consumi energetici e di risorse, contribuisce ad accelerarne la distruzione.

Si stima infatti che il turismo incide sull’8% delle emissioni di gas serra globali. Ma secondo le ricerche, chi pratica questo tipo di turismo dell’ultima possibilità è spesso poco consapevole degli impatti che quel viaggio comporta sulle mete stesse.

Tutto ciò che facciamo ha un peso, a livello ambientale e sociale. E voler visitare quei posti che rischiamo di perdere è un desiderio che nasce spesso proprio da un’espressione di amore per il pianeta. Allora chiediamoci: come possiamo usare questa cura per proteggerli? E sarebbe giusto imparare a fare un passo indietro, letteralmente?