Ridare vita ai borghi italiani è difficile, ma non impossibile: la sfida è fare incontrare domanda e offerta

Negli ultimi cinquant’anni le comunità montane e i borghi italiani si sono letteralmente svuotati. Milioni di persone hanno lasciato i loro paesi per recarsi nelle grandi città. Oggi però ci troviamo davanti a un patrimonio vuoto e a diverse persone che vorrebbero abitarlo.
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Sara Del Dot 5 Settembre 2020

Hai mai pensato di mollare tutto, abbandonare la frenesia quotidiana e il delirio della città per trasferirti in un borgo di montagna o in collina, andando ad abitare una vecchia casa e riconquistare il tempo perduto? Se questo è uno dei tuoi sogni nel cassetto, sappi che c’è chi sta lavorando per te. O meglio, si sta occupando dei borghi e della vita che meritano di avere tra le loro strade. Eh già, perché forse non te ne sei mai accorto ma negli ultimi 50 anni solo le aree montane alpine hanno perso un milione (ma c’è chi dice addirittura due) di abitanti. Un vero e proprio svuotamento, un flusso inarrestabile che dai piccoli paesi si è spostato nelle aree urbane, lasciando vuoti degli spazi predisposti alla vita da cui, però, la vita se ne è voluta andare. Ed è proprio questo termine, “vita”, che rappresenta il comune denominatore della stessa ripresa di questi luoghi, chiamata dagli esperti, appunto, “rivitalizzazione”.

Tuttavia, rivitalizzare un borgo non significa soltanto portare le valigie in una casa di pietra o riempire uno spazio con la tua presenza. Lo sa bene l’Unione nazionale Comuni Comunità Enti Montani (Uncem), che dal 1952 rappresenta i 3.500 comuni montani del nostro Paese. Ed è proprio con Marco Bussone, il suo presidente, che abbiamo fatto una chiacchierata per capire meglio la situazione dei borghi italiani e in che modo è possibile intervenirvi per ridare loro nuova linfa e soprattutto lunga vita.

“Negli ultimi 20 anni ci siamo occupati del tema dei borghi in molte regioni italiane, mettendo in piedi vari progetti di rivitalizzazione anche grazie a fondi europei con interventi architettonici ma soprattutto economici, favorendo in particolare l’insediamento di nuove imprese.”

Marco sottolinea che non può esserci quotidianità né sostenibilità senza una struttura economica che consenta di sviluppare la vita di una comunità.

"Sono questi due fattori, rivitalizzazione architettonica ed economica, i due assi principali di lavoro, a cui si aggiunge il turismo che però arriva soltanto dopo una rivitalizzazione economica stabile che valga per tutto l’anno. Per questo, per noi il tema principale è come rigeneriamo in termini sociali ed economici il territorio. Certo, i borghi intesi come case da riqualificare sono importanti ma c’è bisogno di una chiara strategia per intervenirvi.”

A questo proposito, l’Uncem ha siglato di recente un accordo con il Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori per impostare una strategia di rigenerazione di questi spazi, che rappresentano un inestimabile patrimonio sociale e culturale italiano, anche attingendo a fonti come Recovery fund e investimenti privati. In questo modo sarebbe possibile recuperare questi luoghi e creare valore fino a 2 miliardi di euro.

“L’accordo con il Cnappc nasce perché abbiamo lavorato con tanti ordini territoriali nel corso degli anni ed era necessario definire un percorso da fare insieme a livello nazionale, anche perché c’è la possibilità di fare interventi di riqualificazione grazie ai vari bonus per gli investimenti. E poi per loro non è una novità il bisogno di lavorare in stretta sinergia con gli enti locali, dal momento che non sono operazioni semplici. Infatti un conto è ristrutturare una casa, un altro è rivitalizzare un borgo. Si tratta di un percorso che deve essere assolutamente condiviso tra pubblico e privato.”

Un percorso complicatissimo e difficile da seguire, in cui la cosa più complicata è proprio mettere in comunicazione la domanda con l’offerta, nonostante di entrambe ci sia una discreta quantità.

“Le persone che ci contattano dicendo che desiderano trasferirsi in un borgo da un’area urbana sono tantissime. E alcuni vorrebbero farlo davvero, concretamente. Il problema è che  è difficilissimo incontrare delle soluzioni, soluzioni che implicano trovare una casa, trovare un lavoro, avere a disposizione dei servizi. Bisogna fare incontrare la domanda con l’offerta e questo è un lavoro che condividiamo con l’ordine degli architetti. Organizzare la propria vita, la propria famiglia sui territori montani non è cosa semplice, non è come in città. È una scelta di vita, che va fatta con la consapevolezza che la quotidianità potrà essere molto diversa, anche solo dal punto di vista dei mezzi di trasporto che in alcuni casi sono molti fragili o addirittura inesistenti.”

Per favorire l’incontro tra offerte territoriali ed esigenze di chi desidera abitare questi luoghi, ragionando sui vari elementi, Uncem ha creato una mappatura dei borghi italiani, che possa aiutare a far conoscere il territorio ed effettuare valutazioni. Perché fare incontrare domani e offerta significa anche capire i motivi per cui uno si trasferisce.

“L’obiettivo della mappatura è individuare situazioni appetibili o che comunque possano essere oggetto di investimenti da parte delle persone che vogliano trasferirsi. In questo modo sarebbe possibile evitare un ulteriore abbandono, facendo in modo che questi edifici non si trasformino in rudere. Questo è il primo obiettivo. Il secondo è cercare di capire quello che si muove attorno a un tema di cui tanti parlano. Quindi cerchiamo di mettere un po’ di ordine, è una mappatura che parte dal basso, proviamoci.”

Un ordine che va fatto prendendo in considerazione tante variabili, tra cui non possono mancare anche diversi ostacoli.

“Il recupero dei borghi ha due grandi scogli: uno è più burocratico, che comprende tutta la questione delle autorizzazioni e dei permessi, l’altro riguarda invece la proprietà frammentata. Questi borghi sono infatti di proprietà privata, di conseguenza il proprietario o li recupera mettendoli poi sul mercato oppure li aliena, vendendoli prima di recuperarli. Noi dobbiamo quindi individuare tutti i possessori, aiutati anche dalle autorità locali. In ogni caso sono molti gli interventi che sono stati fatti e si stanno facendo sui borghi italiani e noi vogliamo mapparli per metterli a disposizione di chi se ne interessi, valorizzando le iniziative accessibili a tutti. Dico accessibili perché se il costo fosse eccessivo verrebbe meno l’obiettivo di fare incontrare la domanda con l’offerta.”

E qual è il valore che tutto questo può portare ai territori e all’Italia intera?

“Teniamo presente che quando parliamo di persone che si possono trasferire nei borghi, anche soltanto per un periodo dell’anno, ci riferiamo a numeri piccoli ma comunque significativi. Tutto questo porta intanto una rigenerazione di un patrimonio che si sta distruggendo, e in secondo una rivitalizzazione economica. In Italia ci sono 300 Comuni che non hanno più un negozio e un bar, 500 che ne hanno meno di tre. E questo mi sembra un problema del Paese, non solo nelle comunità montane. È del tutto evidente che abbiamo bisogno di avere possibilità di crescita in quei territorio, affinché non ci sia un depauperamento di risorse e un abbandono che comporta un’ulteriore riduzione di servizi e di opportunità anche economiche.”