Rifiuti radioattivi: in Italia ce ne sono 31mila metri cubi 

È stato pubblicato un report dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione sulla quantità e la tipologia di rifiuti radioattivi attualmente presenti nel nostro Paese. Una quantità cresciuta tra il 2018 e il 2019 in modo molto sensibile.
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Sara Del Dot 2 Dicembre 2020

Parliamo sempre della plastica, del vetro e della carta, insomma dei rifiuti più vicini a noi, quelli che produciamo tra le mura delle nostre case. Ma sul nostro territorio ci sono anche rifiuti molto particolari, che ogni anno vengono valutati e quantificati perché tenerli sotto controllo è assolutamente necessario. Sto parlando ad esempio dei rifiuti radioattivi.

Magari non ci hai mai pensato, ma devi sapere che al momento in Italia ci sono 31.027,30 metri cubi di rifiuti radioattivi, aumentati nel 2019 di appena 608 metri cubi. Una quantità abbastanza stabile, che tende a equilibrarsi con la perdita di rilevanza radiologica di alcuni scarti medico-industriali, diventati quindi rifiuti speciali e con il progressivo riprocessamento dei materiali, che avviene all’estero.

Tutte queste informazioni sono state rese pubbliche il 30 novembre 2020, con la diffusione da parte dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione dell’inventario dei rifiuti radioattivi aggiornato a dicembre 2019.

Dai dati emerge, tenendo conto di tutte le variabili del caso ovvero del ri-processamento, delle attività di smaltimento e della perdita di rilevanza radiologica, l’aumento della quantità di rifiuti radioattivi nel nostro Paese risulta piuttosto contenuto.

Quali sono

I rifiuti radioattivi sono materiali radioattivi che non possono più essere utilizzati e quindi devono essere smaltiti, naturalmente in modo tale da non provocare danno o pericolo alle persone o all’ambiente.

In Italia i rifiuti di questo genere si suddividono in:

  • I categoria, ovvero quelli la cui radioattività decade fino al livello del fondo nel giro di mesi o qualche anno.
  • II categoria, ovvero quelli di bassa/media attività o a vita breve, che perdono la radioattività completamente nel giro di qualche secolo.
  • III categoria, quelli definiti ad alta attività o a vita lunga, che perdono la radioattività anche nel giro di migliaia di centinaia di anni.

Secondo il rapporto, in Italia la maggior parte dei rifiuti radioattivi sono a vita molto breve, ad attività molto bassa, a bassa attività e a media attività, quindi quelli della seconda categoria.

Dove sono e dove aumentano

I rifiuti radioattivi si trovano all’interno di depositi in cui è possibile gestirli nel modo migliore.

Gli aumenti di quantità si sono registrati principalmente in:

  • Emilia Romagna (da 3.000 mc nel 2018 a 3.272 nel 2019)
  • Basilicata (da 3.215 a 3.362 mc)
  • Piemonte (da 5.506 a 5.605 mc)
  • Lombardia (da 6.060 a 6147 mc)
  • Campania (da 2.965 mc a 2.968)

Cali invece si sono registrati in:

  • Puglia (da 849 a 390 mc)
  • Lazio (da 9.311 a 9.284 mc)

Quello dei rifiuti radioattivi è un sistema in evoluzione: infatti, nel 2021 sarà introdotto un nuovo sistema di acquisizione dati e analisi su stoccaggio e produzione, che migliorerà l’efficienza del controllo della gestione e della movimentazione di questi materiali.