Rigassificatori, Rossi Albertini (Marevivo) a Ohga: “Ormai sono necessari, ma che ci serva da lezione per il futuro”

Qual è l’impatto ambientale di un rigassificatore? Ci sono effetti “collaterali” nell’utilizzo di questo dispositivo? Possiamo farne a meno in questo periodo storico? Ne abbiamo parlato con Valerio Rossi Albertini, Professore di Divulgazione della Scienza, Chimico CNR, Membro del Comitato Scientifico Marevivo.
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Francesco Castagna 24 Novembre 2022
Intervista a Prof. Valerio Rossi Albertini Professore di Divulgazione della Scienza, Chimico CNR, Membro del Comitato Scientifico Marevivo

La quesitone dei rigassificatori è ancora aperta. C'è il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, che presenta ricorso al Tar. Ci sono i referenti della riunita Rete anti-rigassificatori e depositi. E poi c'è il presidente della regione Toscana Eugenio Giani, che ha firmato l'autorizzazione all'installazione del rigassificatore nel porto della città. Ma Piombino non è l'unica città a prendersi la scena sul tema.

Ravenna invece è la "città silenziosa" in cui un altro rigassificatore galleggiante di ultima generazione sarà attraccato a otto chilometri dalle spiagge di Punta Marina. Silenziosa, perché sembrano esserci molte meno voci fuori dal coro rispetto alla polemica che si è creata a Piombino.

Onshore e Offshore

Esistono due tipi di rigassificatori, in Italia questi dispositivi sono attualmente in quattro località: Panigaglia, Brindisi, Rovigo e Piombino. Esistono rigassificatori onshore e offshore. Eccone alcuni esempi:

Di Utente Pusk – opera propria, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=1254138
Di Utente Pusk – opera propria, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=1254138

Offshore

Questo che vedi è il rigassificatore di Rovigo, una struttura offshore a largo del Mar Adriatico. Da lì, un gasdotto collega sotto il mare il rigassificatore alla costa. Così facendo il gas viene fatto arrivare alla rete sulla terraferma.

Onshore

Un tipo di rigassificatore onshore invece è quello che si trova a Panigaglia, in provincia di La Spezia. È la prima struttura per la ricezione e la rigassificazione di Gas Naturale Liquefatto del nostro Paese.

Esempio di rigassificatore onshore
Esempio di rigassificatore onshore Di roy.luck – originally posted to Flickr as Golden Pass LNG, Sabine PassUploaded using F2ComButton, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8449629

Per approfondire l'impatto ambientale di questi impianti ne abbiamo parlato con Valerio Rossi Albertini, Professore di Divulgazione della Scienza, Chimico CNR, Membro del Comitato Scientifico Marevivo.

Albertini, la discussione sul rigassificatore impone una seria riflessione sull'impatto che può avere sugli ecosistemi marini. Di che stiamo parlando?

L'impatto maggiore è di carattere chimico, ma c'è anche un effetto fisico. Pur non essendo un contaminante particolarmente grave, si avverte nell'aria il rilascio di gas. Il   è un dispositivo che serve per riportare il gaso allo stato liquefatto al suo stato naturale e a temperatura ambiente, in modo da poter essere bruciato.

In tutti questi passaggi fatalmente ci possono essere delle dispersioni. Per evitare le concrezioni dei sedimenti marini sulle tubazioni si usano delle sostanze che poi possono essere rilasciate in quel tratto di mare, che sono più o meno come -per intenderci- l'antimuffa della doccia. Queste sostanze alterano lo specchio di mare in cui si trova il rigassificatore. L'effetto fisico può essere secondario se le cose vengono fatte a regola d'arte, ma può diventare anche preponderante, a seconda dell'attività del rigassificatore.

La quantità di gas che deve produrre questo dispositivo è una variabile chiave per valutarne l'impatto ambientale. Il terzo effetto è di natura prettamente fisica, se uno prende una bomboletta contro le conclusioni -per esempio- funziona in un determinato modo: spingendo il pulsante esce fuori un getto di vapore che è gelido e quindi mitiga il dolore della contusione. La bomboletta è a temperatura ambiente, questo significa che anche quando il gas non è freddo, c'è un effetto di raffreddamento, dovuto proprio alla conversione dallo stato liquido a quello gassoso e all'espansione del gas. Un processo endotermico: prende calore.

Questo calore deve essere assorbito da qualche parte, perché altrimenti gelerebbe tutto quanto. Su scala più grande, immaginiamo una grande cisterna di gas liquido, che viene riportato allo stato di vapore ed espanso, questo assorbe una grande quantità di calore che deve essere preso da qualche parte, in questo caso dal mare. Ciò significa che ci sono degli squilibri termici fisiologici nel processo di rigassificazione. Siccome le creature marine non gradiscono gli shock termici, questo può essere un problema se non viene fatto in maniera corretta.

Ci sono degli effetti a lungo termine legati agli squilibri termici?

Questo dipende da come è fatto il sistema. Di base le creature marine non gradiscono gli sbalzi termici, dovrebbero adattarsi progressivamente al cambio di temperatura. Bisogna considerare il fatto che nel fondale marino la temperatura è stazionaria, costante, in particolare l'acqua che giace sul fondo è a 4°C fissi. Significa che tutte quante le creature marine si sono adattate nel corso della loro evoluzione a una condizione stazionaria della temperatura.

Uno sbalzo così improvviso che effetto fa? Dipende da alcuni fattori. Dove passa questa serpentina (Scambiatore di calore acqua-aria Ndr)? Che fondale è? Ghiaioso, sabbioso o sassoso? A seconda del tipo di fondale variano le specie. Di certo tutto ciò non è benefico.

Nella maggior parte dei casi le cose sono fatte in maniera tale che garantiscono gli ingegneri, perché poi bisognerebbe fare uno studio sul campo. Il periodo teorico c'è. Dicono che lo scambio di calore avviene così lentamente che il movimento dell'acqua spontaneo consente di normalizzare, e che quindi non comporta un disagio estremo alle creature marine. Questa è la tesi di chi sostiene l'ecocompatibilità del rigassificatore.

Detto ciò, un commento personale è che i rigassificatori adesso li dobbiamo mettere perché siamo stati a dormire troppo a lungo. È uno strumento estremo a cui si ricorre proprio quando si è in condizioni di emergenza, che non è venuta dalla crisi dell'Ucraina, ma l'abbiamo creata noi nel corso del tempo. Non ci siamo attrezzati per produrre energia in maniera sostenibile e quindi non avere più bisogno del gas, che è uno strumento di transizione tra i combustibili tradizionali fossili e le fonti rinnovabili d'energia. Questa transizione sta durando troppo.

Domanda provocatoria: meglio un rigassificatore che nuove trivellazioni, quindi?

Naturalmente sì. Tra due mali si sceglie quello minore, ma rimane un male. Non è un bene, non dobbiamo pensare che sia una forma accettabile di approvvigionamento energetico.

Un commento alla Cop27?

È spiacevole vedere che non siamo venuti a capo di niente. Abbiamo assistito a un summit in cui ognuno si puntava il dito contro. In proporzione l'italiano e gli europei più in generale consumano molto di più di un cinese o di un indiano pro capite. Significa che comunque la responsabilità proporzionale è nostra. Noi che abbiamo le tecnologie, che siamo una società evoluta e del benessere, dovremmo dare l'esempio di come si esce dall'era dei combustibili fossili.

Stiamo tergiversando, non siamo un faro che dovrebbe guidare l'evoluzione tecnologica degli altri Paesi, ci allineiamo più o meno sull'esistente. È stato troppo più semplice bruciare del gas russo che intraprendere una politica di conversione energetica. Adesso ne scontiamo le conseguenze.

Crediti foto: Wikipedia Di Utente Pusk – opera propria, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=1254138