Rigenerazione urbana: il caso della nuova biblioteca di Roma, esempio del legame tra ambiente e cultura

La realizzazione di una nuova biblioteca impone una riflessione sullo stato della rigenerazione urbana della prima città d’Italia.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
1 Marzo 2023 * ultima modifica il 03/03/2023

Il 13 febbraio scorso a Roma, nella sala del Senato della Repubblica dell’Università La Sapienza, la rettrice Antonella Polimeni e il sindaco Roberto Gualtieri hanno illustrato il progetto per la costruzione della nuova Biblioteca unificata della Facoltà di Lettere e Filosofia. L’opera rappresenta certamente il più significativo intervento sulla rete delle biblioteche dell’università avvenuto negli ultimi anni ed è un’importante integrazione culturale che è stata appaltata tramite un concorso internazionale di progettazione.

La biblioteca ingloberà delle strutture preesistenti all’interno del perimetro universitario, pertanto non verrà realizzata su suolo vergine o su un’area verde, e la sua realizzazione cambierà lo skyline prospicente il Piazzale Aldo Moro. La realizzazione di un’opera pubblica così importante impone comunque una riflessione sullo stato della rigenerazione urbana della prima città d’Italia e dunque, per esempio, sul gran numero di edifici dismessi che potrebbero essere riutilizzati e dunque preferiti ad aree oggi libere o addirittura verdi.

La nuova biblioteca

Secondo il progetto vincitore, realizzato da un raggruppamento internazionale di imprese che ha visto in cordata lo studio Mijic Architects s.r.l., il Polistudio A.E.S. e lo Studio di Geologia tecnica e ambientale Copioli, la nuova struttura dovrà ospitare tutto il materiale delle biblioteche dell'area umanistica, a esclusione di quelle di lingue già ricollocate presso l'Edificio Marco Polo. 5.200 metri quadrati disposti su quattro piani con degli spazi interni di ispirazione escheriana che ospiteranno 2 milioni e mezzo di volumi, un auditorium, spazi relax, caffetterie e area bookshop.

Ci sarà anche una sala aperta h24 per i più studiosi, e non mancheranno aree verdi nell’intorno ed un ingresso laterale per “aprire” l’edificio alla città. L’investimento ammonta a 29 milioni e mezzo di euro di cui 7 stanziati da La Sapienza e 22 dalla Banca Europea degli Investimenti.

Dopo l’affidamento del progetto esecutivo ai vincitori del concorso, si dovrà attendere l’esito dell’avviso pubblico, dunque la sua costruzione che si dovrebbe completare in  quattro anni. Pur essendo pregevole dal punto di vista architettonico, questo intervento si colloca al limite della rigenerazione urbana che, appunto, prevedrebbe il pieno recupero e riutilizzo di edifici già esistenti ma dismessi, uno dei principali fattori di degrado delle nostre città.  A tal proposito, quanti sono ad oggi gli edifici inutilizzati a Roma? E quanti quelli rigenerati?

La Capitale degli edifici dismessi?

Ad oggi, a Roma, non esiste un censimento ufficiale di risorse immobiliari pubbliche e/o private dismesse o abbandonate. Uno studio essenziale per conoscere il patrimonio edilizio potenziale da riutilizzare e che può dunque accompagnare la rigenerazione urbana della città. Una mappatura degli spazi dismessi e abbandonati è stata realizzata dall’Associazione TWM Factory, realtà romana che osserva e racconta la rigenerazione urbana della città, ed è consultabile online.

Il database dell'Associazione comprende circa 823 edifici di cui però ne sono stati classificati 765. Il 44% di questi ultimi è composto da edifici dismessi o abbandonati, mentre sono soltanto 176 quelli rigenerati (il 23%). La maggior parte delle strutture è situata al centro (essenzialmente primo e secondo Municipio), fattore quest'ultimo legato principalmente ad una migliore accessibilità; ad esclusione di queste zone, stando all'analisi attuale, è la zona sud-est della città a vantare il maggior numero di edifici rigenerati (un effetto comunque legato anche ad una migliore copertura in queste zone del crowdmapping).

Si tratta comunque di un patrimonio di varia natura a cui, secondo un report realizzato dalla Camera di Commercio di Roma e da Eures nel 2021, si devono aggiungere almeno 195 siti industriali dismessi di cui il 44% di proprietà privata, il 27% patrimonio disponibile o indisponibile dello Stato, il 16% del Comune di Roma e il 13% di categoria residuale (edifici scolastici, aree agricole, ecc.).

Se il concetto di rigenerazione urbana deve essere inteso nel senso più ampio possibile, dunque considerando tutte le ricadute economiche, sociali e culturali che ogni intervento può attivare, specialmente in quartieri periferici o in difficoltà, è evidente che la città di Roma possiede un patrimonio “fantasma” di inestimabile valore che deve essere necessariamente e prioritariamente considerato per la realizzazione di qualsiasi futuro intervento.

Credit foto: Instagram della Rettrice Antonella Polimeni

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…