
Sono state rinominate "cascate di sangue", ma dietro la loro esistenza c'è una spiegazione molto meno inquietante di quanto il loro nome farebbe immaginare. Stiamo parlando delle "Blood Falls", le affascinanti cascate color rosso sangue che si stagliano, inconfondibili, nelle bianchissime distese ghiacciate dell'Antartide.
Le "Blood Falls" sgorgano dal Taylor Glacier, un ghiacciaio lungo circa 55 km situato nell'Antartide orientale. Sono trascorsi più di 100 anni dalla loro scoperta, avvenuta nel 1913 nell'ambito di "Terra Nova", missione guidata dall'esploratore Thomas Griffith Taylor, da cui il ghiacciaio prende il nome. Da allora, sulle ragioni del loro caratteristico colore vermiglio sono state avanzate diverse ipotesi, ma ora uno studio pubblicato sulla rivista "Frontiers in Astronomy and Space Sciences" sembra aver trovato la spiegazione definitiva. Quest'ultima, oltre ad aver risolto un mistero secolare, potrebbe fornire indicazioni decisive per studiare la presenza di vita in altri Pianeti.
Prima Taylor aveva attribuito il colore alla presenza di alghe, poi, anni dopo, si teorizzò che la causa fossero i sali di ferro contenuti nell'acqua, capaci di attivare un processo di ossidazione.
Ma le ultime scoperte hanno rivelato una spiegazione sicuramente più affascinante. Per prima cosa si è individuata l'origine delle acque rosse: un lago subglaciale molto salato e alta pressione, rimasto isolato per milioni di anni.
In queste acque "antiche" – come le hanno definite gli scienziati – il ferro è presente in una forma anomala: non come minerale, ma a forma di nanosfere, cento volte più piccole dei globuli rossi che scorrono nel sangue degli esseri umani.
Ken Levi, il ricercatore che insieme a un team multidisciplinare ha analizzato i campioni di acqua grazie a potentissimi microscopi elettronici di ultima generazione, ha rilevato la presenza di queste nanosfere ricche di ferro. Nonostante le loro dimensioni, queste particelle possiedono caratteristiche fisiche e chimiche uniche e contengono elementi come silicio, calcio, alluminio e sodio.
La vera scoperta, più che la causa del colore delle "Blood Falls", è infatti la natura di queste particelle: per essere un minerale, gli atomi devono essere disposti in una struttura cristallina molto specifica, aspetto che non è presente in queste particelle.
Questa loro caratteristica è fondamentale perché spiega come mai i metodi usati in precedenza per esaminare i solidi presenti nelle misteriose cascate non le hanno rilevate e apre nuove ipotesi sull'esistenza di specie viventi in ambienti ostili, anche al di fuori del pianeta Terra, mai rilevate finora.
La premessa di questa supposizione dipende dal fatto che le condizione di origini dell'acqua – un lago subglaciale completamente privo di luce e ossigeno – non hanno impedito a un ecosistema microbiotico di nascere e sopravvivere, e che potenzialmente – ha aggiunto Livi – esistono da milioni di anni.
Il formarsi della vita, nonostante condizioni così ostili, nel Taylor Glacier, rende quindi ancora più verosimile pensare che forme organiche si siano formate anche in altri Pianeti più freddi della Terra, primo tra tutti Marte.
In copertina: foto di National Science Foundation/Peter Rejcek