Può una mappa della città salvarti la vita in un giorno d'estate? Sì, se è la mappa dei “rifugi climatici” di Barcellona, ossia una rete di luoghi aperti e gratuiti dove ci si può riparare dal caldo letale. Diverse città nel mondo li stanno individuando, catalogando e collegando per renderli accessibili a tutta la cittadinanza. E potrebbero presto diventare uno degli strumenti più utili a nostra disposizione in queste nostre nuove estati tropicali.
Immagina di trovarti in una città rovente come Milano nel pieno di una torrida mattinata di agosto. Stare in giro sotto il sole è un azzardo, soprattutto perché in città sempre più calde il rischio di rimanerci secchi non è remoto. Il corpo umano infatti può tollerare solo un certo livello di temperatura e umidità, dalla cui combinazione emerge la cosiddetta temperatura di bulbo umido. Cioè un indice della possibilità del nostro corpo di abbassare la propria temperatura tramite la sudorazione. Quando la temperatura di bulbo umido inizia a superare i 30°C, il nostro corpo non riesce più a farlo e gli organi interni – cervello, cuore, reni – vengono messi a durissima prova. Questo è soprattutto severo per la popolazione più anziana, per i bambini e per chi già è indebolito da patologie.
Per molti di noi la soluzione durante le ondate di calore sarebbe allora chiuderci in casa e accendere i condizionatori. Ma non tutti possono farlo, tra chi lavora all’aperto, chi è costretto a spostarsi in giro per la città e chi, banalmente, una casa non ce l’ha. E anche chi può stare a casa, non è detto possa permetterselo. In più mettici che l’utilizzo indiscriminato di questi dispositivi porta a un circolo vizioso di città sempre più calde, condizionatori sempre più accesi, con il rischio di blackout nel quartiere. E quindi, cosa si fa se il caldo è intollerabile? Serve trovare un rifugio!
Nel 1963 la Svizzera introduceva una legge che obbliga i suoi Comuni e i suoi Cantoni a garantire a ogni cittadino l’accesso a un rifugio antiatomico vicino casa. Sì, hai presente quei bunker pieni zeppi di provviste dove ci si sarebbe andati a nascondere nel caso fosse esplosa una terza guerra mondiale tra il blocco americano e quello sovietico? Ecco, nel 2022 nella Confederazione elvetica se ne contavano 370.000, di cui 9 mila pubblici. Abbastanza da ospitare il 107% della popolazione, cioè tutti gli svizzeri più qualche amico.
Ora, se ti dicessi che la stessa idea oggi si sta applicando al caldo estremo, ma che a differenza di un bunker di cemento armato strapieno di cibo in scatola e altre provviste, i rifugi assomigliano più che altro a… una biblioteca? Per esempio, la Biblioteca Nou Barris. È uno degli oltre 350 punti individuati dalla città di Barcellona per sfuggire dal caldo urbano e trovare riparo. Li chiamano rifugis climàtics, rifugi climatici appunto, o come spesso vengono indicati in inglese “climate shelters”. Sono biblioteche, musei, centri civici, palestre municipali e uffici aperti al pubblico e più freschi del resto della città. Ne fanno parte anche chiese e centri commerciali, e addirittura le scuole. Offrono spazi per trattenersi per qualche ora e dedicarsi alle proprie attività, gratuitamente e con la possibilità di idratarsi. La temperatura al loro interno resta sempre sotto i 26°C, che magari non sono la tua idea di fresco, ma in estate è quanto basta per proteggersi dallo stress termico delle strade.
Il programma dei rifugi climatici di Barcellona nasce nel 2020, un anno dopo l’ondata di calore da record che aveva colpito la città. Secondo i dati ufficiali, nel 2024 il 98% dei cittadini di Barcellona vive entro 10 minuti di distanza a piedi da un rifugio climatico, e quasi il 70% (68) a meno di 5. Entro il 2030, l’obiettivo è che si arrivi al 100%. I rifugi non sono solo spazi al chiuso, ma anche i parchi e le aree ombreggiate. Inoltre ci sono le piscine, che non sono gratis ma hanno prezzi fissi, e una rete di circa 1700 fontanelle funzionanti.
Molti di questi rifugi erano luoghi freschi già esistenti, si è dovuto semplicemente adattarli ad ospitare persone per qualche ora durante il giorno. Il comune li ha poi mappati tutti su un sito apposito, che per ciascuno indica indirizzo, orari di apertura e quali servizi può offrire.
Il sistema di rifugi climatici di Barcellona ha già un buon livello di maturità, ma non è l’unico al mondo. Durante i Giochi Olimpici di Parigi 2024 le strade della capitale francese si sono riempite di strutture mobili che offrivano refrigerio dal caldo intenso. Facevano parte di una fitta rete di rifugi climatici che qui hanno preso il nome di “cool island”. Se ne contano oggi circa 1300, di cui 565 aree verdi all’aperto, 36 piscine pubbliche, 60 stazioncine che spruzzano vapore, e poi chiese, musei, biblioteche e altri luoghi simili a quelli di Barcellona. Oltre a svariate strutture temporanee come chioschi e pergolati per mantenere al sicuro le tantissime persone che hanno popolato le strade durante i giochi.
Come Parigi, anche la città spagnola di Saragozza si è presa cura del fresco lungo le strade. Propone anzi uno strumento per visualizzare come si sposta l’ombra su ogni strada a seconda dell’ora del giorno per permettere alle persone di progettare percorsi ombreggiati finché il sole picchia.
Esiste una mappa dei rifugi climatici parigini? Et voilà, eccola qui! La puoi filtrare per tipologia degli spazi, e per necessità di pagare un eventuale ingresso.
Ecco, i rifugi climatici hanno bisogno di mappe come queste, che geolocalizzano tutte le oasi dal caldo urbano. Extrema, un’app usata inizialmente a Parigi, si è recentemente arricchita con i rifugi climatici anche di Milano, Atene, Rotterdam e Mallorca.
Negli Stati Uniti, le grandi città che hanno adottato piani di emergenza per le ondate di calore basati sui “cooling centers”, praticamente i rifugi climatici, li riportano sui propri siti come fanno Boston e New York. Altre città hanno siti un po’ più vecchio stile, questo per esempio è di Chicago, dove riportano i rifugi ufficiali, ma indicano chiaramente la possibilità di trovarne di informali, cioè luoghi come i centri commerciali, i cafè e le biblioteche che non fanno parte di un programma coordinato ma comunque permettono di scampare al caldo.
Simili mappe si trovano anche a Londra e a Berlino. È chiaro perciò che sapere che esistono e imparare a consultarle diventa la necessità sia di chi abita in queste città, sia di chi le va a visitare nei periodi più caldi, come in vacanza d’estate. Un po’ come avere il documento di identità e il pass per i mezzi pubblici sempre in tasca.
Parliamoci chiaro: sapere dove sono i rifugi climatici non serve a nulla se questi posti non vengono resi accessibili a chi ne ha bisogno. Prendiamoci un secondo per riflettere su cosa significa davvero accessibili.
Da un lato, c’è una questione proprio pragmatica: molti dei luoghi più efficaci per raffrescarsi hanno degli orari di apertura e di chiusura. A Barcellona, una delle criticità più grandi individuate dagli organizzatori della rete e dai ricercatori che ne studiano l’efficacia è che ad agosto una buona parte dei rifugi è chiusa per mancanza di personale. In questo caso, serve che le amministrazioni comunali stanzino fondi per pagare personale extra dedicato a mantenerli in funzione.
Dall’altro lato, la questione dell’accessibilità è legata alle disuguaglianze sociali ed economiche. Una ricerca sui cooling centers di Los Angeles ha dimostrato che molte più persone utilizzano i rifugi informali, come i centri commerciali o i bar. Il problema di questo tipo di rifugio è che persone senza casa, o senza la possibilità di spendere, vengono scacciate. In più, luoghi come questi sono collocati lontani dalle zone dove ce ne sarebbe più bisogno. Tutto questo ci racconta di ciò che viene definita “cooling poverty”, ossia la difficoltà per le famiglie e gli individui più svantaggiate e vulnerabili di ottenere i beni, le risorse e le infrastrutture sufficienti a proteggersi dal caldo estremo.
Le città che si stanno impegnando seriamente sui rifugi climatici sanno che questo è un nodo chiave. I casi positivi non mancano.
Saragozza in Spagna ha istituito un prezzo fisso molto basso, circa 5 euro, per entrare in piscina, ma soprattutto una regola per cui quando c’è l’allerta caldo estremo, automaticamente il prezzo diventa la metà. A Gines, vicino Siviglia, il prezzo è ancora più basso e la piscina resta aperta fino a mezzanotte con l’allerta caldo.
Berlino invece ha lanciato l’iniziativa Hitzehilfe, letteralmente “aiuto per il caldo”, che offre spazi con aria condizionata, doccia, letti per riposare, angurie e acqua, creme solari, cappelli e occhiali, ogni giorno fino alle 8 di sera, a chi non ha casa. Sono rifugi sparsi per i distretti della capitale tedesca, in funzione da giugno a settembre, e sono gli stessi edifici che di inverno vengono usati per l’iniziativa Kältehilfe, quella per rifugiarsi dal freddo.
L’Unione Europea non è certo la terra dell’aria condizionata, meno del 20% degli edifici ne dispone e forse, visto il circolo vizioso e paradossale che l’abuso di aria condizionata crea, è anche un bene. Significa che le nostre case e città possono iniziare ad adattarsi al caldo con tecnologie più efficienti e tecniche nuove, più furbe e meno dispendiose energeticamente, basate sulla natura, sul verde degli alberi e il blu dei fiumi e dei laghetti. Tuttavia è impensabile che queste cambieranno il volto delle nostre città da un giorno all’altro, e il caldo letale è già qui. Parliamo di un numero che va dalle 55 alle 72 mila vittime per le ondate di calore nel 2003, 2010 e 2022 secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale.
Proteggerci dal caldo urbano non è rimandabile. E questi rifugi devono diventare una nuova priorità per le nostre amministrazioni. Il che significa che tu e io dovremmo chiederli a gran voce, ai nostri sindaci e assessori.
Fonti | Ajuntament de Barcelona; Journal of Applied Physiology; Urban Research&Practice; UFPP; Nature Sustainability; OMM