Ma perché vista la tremenda siccità in Sicilia non dissaliamo l’acqua di mare come fanno in Spagna? Questo infatti è uno dei Paesi che più sfruttano i dissalatori, ne ha in funzione stabile circa 100 di grosse dimensioni, capaci di produrre fino a 10 milioni di litri d’acqua dolce dall’acqua di mare ogni giorno.
In Italia in realtà ci sono già diversi dissalatori, ma sono piccoli e pensati per le isolette.
In Sicilia esistevano tre grossi impianti stabili, uno a Gela, uno a Trapani e uno a Porto Empedocle. Tuttavia una decina d’anni fa sono stati chiusi a causa degli altissimi costi di gestione. E ora? Ora la situazione di emergenza ha portato la Regione a pianificare la loro riattivazione. Ma ci sono tre grossi problemi.
Il primo problema è il tempo. Serviranno mesi per sistemare e ammodernare gli impianti, e questo mal si sposa con l'emergenza attuale.
Il secondo problema riguarda i costi. Far andare gli impianti costa parecchio, e solo per la loro riattivazione sono stati stimati 90 milioni di euro.
Infine, il terzo problema: gli impatti ambientali. Il processo richiede tanta energia, e se questa è basata su combustibili fossili si generano emissioni che peggiorano la crisi climatica che amplifica la siccità. In più la dissalazione crea come scarto la salamoia che riversata in mare rischia di danneggiarne l’ecosistema, colpendo quindi anche la pesca e il turismo.
Allora meglio non imitare la Spagna? È complicato. Seppure questi tre problemi siano evidenti, serve avere una capacità di dissalazione installata in Italia, visto che la siccità torna e tornerà con sempre maggiore frequenza. Dissalare e basta non potrà essere l'unica soluzione per assicurarci di avere acqua, anzi serve migliorare al più presto le reti idriche e la capacità di gestire e riutilizzare in modo circolare la risorsa. Ma sicuramente, gli impianti sarebbero una freccia in più al nostro arco.