
Comodità ed ecologia non vanno molto d’accordo. Tutto ciò che è facile e che ti facilita la vita, ha spesso un impatto ambientale molto pericoloso. È per esempio il caso delle lenti a contatto. Tra i loro tanti vantaggi basta ricordare innanzitutto quello estetico: se sei tra quelli a cui proprio non piacciono gli occhiali, allora le lenti solo la soluzione giusta. C’è poi da considerare il beneficio visivo: indossando le lentine infatti la visione è molto più naturale rispetto alla montatura e la miopia sarà solo un lontano ricordo. E non dimentichiamo infine l’importantissimo aspetto pratico: sono comode, puoi portarle sempre con te e le indossi in un attimo.
C’è però una domanda che voglio farti: a fine della giornata quando togli le lenti a contatto, dove le butti? Scommetto che non ti sei mai soffermato a riflettere sul loro smaltimento e che forse anche tu sei tra i tanti (troppi!) che le gettano nel water o nello scarico del lavandino, rifugiandosi dietro l'alibi: “Tanto si sciolgono nell’acqua”. Questa frase è reale solo in parte. È vero che le lenti si scompongono a contatto con l’acqua, ma non è assolutamente vero che si “sciolgano”. Anzi, le lenti gettate nelle acque reflue sono in grado di inquinare il mare e diventare cibo per molte specie acquatiche.
Un gruppo di studiosi americani ha osservato cosa accade alle lenti a contatto gettate negli scarichi di acqua domestici e ha concluso che questa abitudine sbagliata può essere una grave causa di inquinamento marino e può addirittura mettere in pericolo le forme di vita marine. L’idea è nata dall’esperienza personale: "Ho indossato occhiali e lenti a contatto per la maggior parte della mia vita", ha spiegato Rolf Halden, direttore del Centro di ingegneria per l'ambiente e la salute dell'università dell'Arizona. “Un giorno mi sono chiesto: qualcuno ha fatto delle ricerche su cosa succede alle lenti di plastica?”. Ed è così che, dopo aver scoperto un totale vuoto scientifico a riguardo, Halden e il suo team di ricercatori hanno condotto uno studio sul destino delle lenti a contatto gettate nei nostri scarichi casalinghi.
La ricerca è stata presentata nel corso del 256esimo National Meeting and Exposition della Società americana di chimica e i risultati sono sconcertanti. Le lenti gettate nel wc e nel lavandino finiscono negli impianti di trattamento delle acque reflue, ed è quindi proprio da lì che la squadra di Halden ha condotto i propri studi. Analizzando il comportamento di oltre 10 tipi diversi di lenti a contatto con le acque reflue, si è osservato come esse si comportino diversamente dagli oggetti di classica plastica. Invece che essere fatte in maggior parte da polipropilene (come la maggior parte della plastica), le lenti a contatto sono realizzate con una combinazione di poli, siliconi e fluoropolimeri, in modo che risultino più morbide e flessibili e permettano all’ossigeno di passare e arrivare all’occhio.
La plastica delle lenti tenderà quindi a spezzarsi in particelle molto piccole, che sono poi destinate a diventare microplastiche. Uno dei fenomeni più dannosi per i nostri mari. Le specie animali acquatiche possono confondere le microplastiche con alimenti, ingerirle e subirne tutti i devastanti effetti. Ma non è tutto: questi organismi viventi fanno parte di una lunga catena alimentare e le conseguenze delle microplastiche in mare possono arrivare fino a noi.
Rolf Halden e il suo team hanno come primo obiettivo la sensibilizzazione delle case produttrici delle lenti a contatto affinché scrivano sulle confezioni indicazioni utili al loro smaltimento. Inoltre il ricercatore spera anche che i produttori possano condurre degli studi sull’impatto ambientale delle lenti e su come esse possano influire sulla vita acquatica e marina.
Ecco perché anche tu devi assolutamente prestare più attenzione alle lenti a contatto. So che gettarle nel lavandino è la soluzione più veloce, ma rifletti: vale la pena contribuire all’inquinamento marino solo per la pigrizia di non fare qualche passo in più e arrivare fino al contenitore dei rifuiti dedicato alla plastica?
Fonte| ACS