Stiamo affrontando la crisi climatica come fosse un’altra pandemia. E stiamo sbagliando.

Ieri era la siccità, poi l’alluvione in Romagna. Oggi è la tempesta di caldo che ha colpito tutta l’Italia. Sono facce di uno stesso problema: la crisi climatica. E non è un’emergenza, è un trend in crescita. Puntare il dito contro l’ultra-ecologismo o l’ambientalismo ideologico per raccimolare un po’ di consenso non è una soluzione alle persone che, di caldo, ci muoiono.
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Giulia Dallagiovanna 19 Luglio 2023

No, la situazione non è "assolutamente sotto controllo", come sostiene il ministro Schillaci. L'Onu ha annunciato che abbiamo raggiunto un punto di non ritorno e che siamo entrati in un territorio inesplorato. Mettere toppe non significa risolvere, solo nascondere la polvere sotto il tappeto. Finché si può.

Luglio non è ancora finito, eppure è già confermato un aumento del 25% delle chiamate al 118, rispetto a giugno. Il motivo? Malesseri dovuti al caldo estremo. C'è stato, ha spiegato il presidente Mario Balzanelli, un "aumento preoccupante di casi di morte improvvisa per arresto cardiaco a causa delle alte temperature e della forte umidità". L'Italia sta infatti attraversando una tempesta di caldo storica: troppi giorni vicino o sopra i 40°C. Non è normale.

Di fronte a uno scenario impossibile da ignorare, il governo ha elaborato un piano caldo che, in certi passaggi, sembra un copia e incolla di quello pandemico. È stata potenziata la medicina del territorio, in particolare ambulatori e Guardie mediche, attivato il codice calore in Pronto Soccorso con percorsi dedicati ai pazienti che manifestano sintomi provocati dal caldo record, rispolverato il numero di pubblica utilità 1500 già attivo durante i mesi del Covid.

E ancora. È stata valutata la possibilità di chiudere i monumenti all'aperto nelle ore centrali della giornata, sulla scia di quanto deciso ad Atene per l'Acropoli, dove la croce rossa greca distribuisce bottiglie d'acqua come prima avrebbe fatto con le mascherine. E c'è chi torna a parlare di lockdown climatico: chiudersi in casa per ripararsi da temperature che, potenzialmente, possono uccidere.

Misure necessarie, ma emergenziali. Stiamo gestendo la crisi climatica come fosse una pandemia, perché non l'abbiamo capita. O, quanto meno, fingiamo di non averne capito la portata, la vastità, la pericolosità.

Non si tratta di far fronte a quella volta che a Cosenza, nel luglio del 1929, sono stati toccati i 47°C. Bisogna affrontare le conseguenze di una colonnina di mercurio che per diversi giorni rimane sopra i 35°C. E tutto questo, dopo aver appena superato la settimana più calda di sempre per quanto riguarda la temperatura media superficiale della Terra. E aver finito di spalare il fango dai comuni della Romagna dove in meno di 20 giorni è caduta tutta la pioggia di 6 mesi. Ed essere reduci da un inverno senza precipitazioni, che ha portato il Po ai livelli di agosto, già in pieno febbraio. Per il terzo anno consecutivo.

Non esiste un vaccino che possa bloccare il cambiamento climatico come è successo con il SARS-Cov-2. E la questione, ora, non è più solo ambientale: il professor Lewis Halsey, dell'Università di Roehampton, si è chiesto fino a quale temperatura possa resistere il nostro cuore. Dai dati preliminari delle sue ricerche, questo valore sarebbe compreso tra i 40°C e i 50°C. Superata quella soglia, i vasi sanguigni si dilatano in modo incontrollabile, la pressione cala drasticamente e il cuore va in sovraccarico, aumentando le probabilità di infarto e ictus anche nelle persone giovani e sane.

I più fragili sono già a rischio. Nell'estate del 2022 in Italia sono morte 18mila persone a causa del caldo record. 61mila in tutta Europa.

Chiunque sia in grado di leggere un grafico, si renderà conto che non siamo di fronte a un'emergenza improvvisa, ma a un trend in crescita. Gli ultimi 8 anni sono stati anche gli 8 più caldi della storia. Chi non ha voglia di guardare i dati può chiedersi, semplicemente, "come sto oggi? Sono nel pieno delle mie forze o trovo difficile anche solo uscire di casa?".

La terapia per la crisi climatica è la riduzione delle emissioni, non c'è altra strada che possiamo percorrere. Dobbiamo accelerare sulla transizione energetica e tagliare i finanziamenti ai combustibili fossili. Dobbiamo produrre meno rifiuti, ripensando il nostro sistema di consumi. Dobbiamo rendere più sostenibile il nostro modo di muoverci, mangiare e acquistare beni e servizi. Ma dobbiamo pure avere governi che supportino questa inversione di rotta, rendendo la sostenibilità alla portata di tutti anche da un punto di vista economico.

E proprio davanti agli interessi economici si infrangono i buoni propositi. Quegli stessi interessi che stanno dietro il dito puntato della destra contro l'ultra-ecologismo e l'ambientalismo ideologico, contro una visione che non può mettere l'ambiente al di sopra dell'uomo. Bene, di fronte a chi viene ricoverato per colpa di un caldo letteralmente insopportabile, il governo dovrà spiegarci ora come pensa che l'uomo potrà vivere se il Pianeta non è dalla sua parte.

Sono Laureata in Lingue e letterature straniere e ho frequentato la Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” di Milano. Mi occupo principalmente altro…