Stop alla Cannabis light: è reato vendere prodotti con Thc superiore allo 0,2%, lo dice la Cassazione

Non sarà più possibile vendere e acquistare prodotti a base di cannabis light come infiorescenze, oli e resine. La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni che lo scorso 30 maggio l’hanno portata a definire “reato” la commercializzazione di prodotti con livelli di Thc superiori allo 0,2%.
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Sara Del Dot 12 Luglio 2019

Poco tempo fa, precisamente il 30 maggio, aveva fatto scalpore la sentenza della Corte di Cassazione che definiva reato la vendita dei prodotti a base di cannabis light. Questa decisione aveva messo in difficoltà numerosi titolari di grow shop, che sull’onda del successo di questo genere di negozi avevano investito tempo e denaro per aprire la propria attività.

Ora, finalmente, sono arrivate le motivazioni della sentenza, che si basava sulle disposizioni della legge del 2016 recante "Disposizioni per la promozione e la coltivazione della filiera agroindustriale della canapa", che prevede che dalla coltivazione della canapa possano ricavarsi fibre e carburanti, ma non hashish e marijuana.

In pratica, i giudici hanno stabilito che non è assolutamente consentita la vendita di prodotti con effetto “drogante”, indipendentemente dal principio attivo contenuto. Di conseguenza, non è possibile acquistare e cedere marijuana, anche sotto forma di infiorescenze, resine e e olii che derivano dalla coltivazione di cannabis sativa con Thc che superi lo 0,2%. Una situazione molto diversa da quella precedente alla sentenza, quando il limite sotto cui si attenevano i commercianti si attestava allo 0,6%.

Ciò che sarà possibile commercializzare, invece, sono prodotti alimentari, cosmetici, carburanti e fibre, cioè oggetti privi di potenziale alterante.

Anche per quanto riguarda la coltivazione della pianta la Corte ha avuto qualcosa da dire. Infatti, i giudici hanno stabilito che è possibile soltanto la coltivazione delle piante per uso agroindustriale, quindi finalizzata all’ottenimento di prodotti come fibre, alimenti e carburanti ma non marijuana e hashish. In questo caso, non è necessaria l’autorizzazione. Per quanto riguarda le piantagioni casalinghe, invece, nulla da fare. Non sono tollerate.

Il fatto che il livello di Thc non rappresenti più il parametro di legalità dei prodotti a base di cannabis, non fa che confondere ancora di più la situazione. Anche perché, nella sentenza, la Cassazione afferma che per quanto riguarda la sanzione delle violazioni “occorre verificare l’idoneità in concreto a produrre un effetto drogante”, e quindi la valutazione avverrà caso per caso e a discrezione di un giudice. Una bella incertezza per tutti coloro che, del commercio di questi prodotti, ne hanno fatto la loro principale fonte di guadagno.