
Per tenere sotto controllo l'andamento delle risorse sulla Terra la comunità scientifica ha stabilito nove limiti planetari che non dovrebbero essere superati in nessun modo.
I limiti planetari sono delle soglie di sicurezza che gli scienziati di tutto il mondo utilizzano come modello. Essi servono a misurare l'impatto dell'uomo sul cambiamento climatico.
Un po' come per l'overshoot Day, i ricercatori si servono di una mappa che serve a dare una rappresentazione grafica del comportamento umano a livello di emissioni di CO2. I limiti planetari sono, per l'appunto, nove e riguardano:
Conosci Johan Rockström? È il punto di riferimento di Greta Thunberg. Questo modello è stato presentato nel 2009 proprio dallo scienziato dell'Università di Stoccolma. In questa ricerca sono previste le soglie entro cui l'uomo può portare avanti la sua attività economica senza che il nostro Pianeta ne risenta.
Di questi nove limiti, ne avevamo superati già 5: sfruttamento del suolo, flussi biogeochimici, rilascio nell'ambiente di nuove entità, perdita di biodiversità e cambiamento climatico. Il risultato è che il nostro Pianeta corre, senza nessun allarmismo, un grave pericolo.
In 50 anni abbiamo sovrasfruttato le nostre risorse e abbiamo forzato le capacità del Pianeta, rendendolo instabile.
Ma c'è una spiacevole novità, ai cinque limiti che l'uomo aveva già superato se ne è aggiunto un sesto: la disponibilità di acqua dolce.
Lo studio, pubblicato su Nature Reviews Earth & Environment, dal gruppo di scienziati guidati da Rockström ci mette in allarme su due limiti in particolare: la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici. Se l'essere umano continuerà a ignorare l'importanza della salvaguardia di questi due fattori, la Terra cambierà in modo irreversibile.
Gli scienziati affermano che il superamento della soglia di sicurezza dell'utilizzo dell'acqua dolce è già in atto e che questo confine in particolare potrebbe avere effetti anche sugli altri. Lo studio inoltre mostra un problema concettuale di fondo. Le ricerche sulla disponibilità delle risorse idriche prendono in considerazione esclusivamente l'acqua dolce "blu", ovvero quella dei fiumi, laghi e delle riserve.
Per il team di Rockström questo è un errore, perché bisognerebbe considerare anche l'acqua dolce indicata come "verde", ossia quella prelevata dalle precipitazioni terrestri, evaporazioni e umidità del suolo.
La seconda autrice dello studio, Arne Tobian, spiega che "La foresta amazzonica dipende dall'umidità del suolo per la sua sopravvivenza. Ma è dimostrato che alcune zone dell'Amazzonia si stanno prosciugando". Questo, come sai, dipende sia dai cambiamenti climatici, sia dalla deforestazione umana. E questo è un male, perché sul nostro Pianeta sono sempre più presenti terreni umidi e secchi.
Fino ad ora la soglia d'uso dell'acqua dolce si basava quindi solo sulla percentuale di acqua blu estratta (4.000 km3/anno di acqua utilizzata e non restituita), ma cambiando i parametri e considerando anche quella "verde" i ricercatori hanno notato come l'utilizzo di quest'ultima sia messo a rischio dalle azioni umane.
Ma perché è importante? Perché "l'acqua verde" ha un impatto diretto su larga scala dal punto di vista ecologico, climatico e idrologico. Pensa infatti a cosa potrebbe succedere se venisse a mancare l'acqua in un terreno, tra le tante conseguenze si verificherebbe una perdita di biodiversità senza precedenti. Ora prova a immaginare tutto ciò su larga scala.
"Quest'ultima analisi scientifica mostra come noi esseri umani potremmo spingere l'acqua verde ben al di fuori della variabilità che la Terra ha sperimentato per diverse migliaia di anni durante l'Olocene", conclude Johan Rockström.