
Un recente studio ha evidenziato che le TAC più comuni potrebbero essere responsabili fino al 5% dei nuovi casi di tumore diagnosticati ogni anno negli Stati Uniti. Secondo i ricercatori, ciò equivale a oltre 100.000 diagnosi potenzialmente collegate all’esposizione alle radiazioni ionizzanti emesse da queste scansioni diagnostiche, il cui utilizzo è aumentato di oltre il 30% negli ultimi vent’anni.
Lo studio, pubblicato su JAMA, è stato condotto da un team internazionale coordinato dalla professoressa Rebecca Smith-Bindman, esperta dell’Università della California di San Francisco. I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 61 milioni di pazienti sottoposti a circa 93 milioni di TAC, identificando un legame tra il numero di esami effettuati e l’incidenza di alcuni tipi di tumore.
Nonostante la Tomografia Computerizzata sia uno strumento diagnostico essenziale per individuare condizioni gravi come tumori, emorragie e fratture, gli esperti mettono in guardia contro l’uso non necessario e la mancanza di standardizzazione nelle dosi di radiazioni. Alcuni pazienti, infatti, riceverebbero dosi di radiazioni ben superiori al necessario, aumentando il rischio di sviluppare malattie oncologiche.
Dallo studio emerge che la maggior parte dei casi di tumore correlati alle radiazioni deriverebbe da:
TAC addominali e pelviche: 37.500 casi stimati
TAC toraciche: circa 21.500 casi
Tra i tumori più frequentemente osservati ci sono quelli a polmoni, colon, vescica, seno e sangue (leucemie). I soggetti più giovani e quelli sottoposti a numerose scansioni risultano i più vulnerabili, con i bambini piccoli che mostrano un rischio fino a 10 volte maggiore.
Gli autori dello studio non vogliono demonizzare la TAC, ma invitano a un uso più consapevole e mirato. “Ridurre il numero di TAC inutili e limitare le dosi di esposizione può salvare vite”, afferma la professoressa Smith-Bindman. L'obiettivo è informare medici e pazienti sui potenziali effetti a lungo termine, promuovendo pratiche diagnostiche più sicure ed efficaci.