È da luglio che in Francia si parla di una scoperta che potrebbe cambiare le sorti della transizione energetica di tutto il mondo: è stato trovato un bacino carbonifero di idrogeno "bianco" naturale nella Lorena. La regione francese è molto conosciuta per i suoi pozzi minerari, anche se l'ultimo è stato chiuso vent'anni fa dal governo. Ora, grazie al lavoro di due direttori di ricerca del GeoRessources del Centro nazionale di ricerca scientifica francese (CNRS), Philippe de Donato e Jacques Pironon, il mondo intero è venuto a conoscenza di un'importante fonte di energia nascosta nel sottosuolo francese: il diidrogeno (H2). Si tratta di un evento storico: un giacimento di idrogeno bianco tale potrebbe riuscire ad accelerare la transizione ecologica dei Paesi più colpiti dal riscaldamento globale, perché non emette CO2 e, come sappiamo, a risentire maggiormente degli effetti della crisi climatica sono proprio le popolazioni più deboli.
"I nostri dati indicano che il sottosuolo del bacino carbonifero della Lorena è molto ricco di idrogeno bianco. Se convalidata, questa scoperta potrebbe dare un contributo importante alla transizione verso fonti energetiche pulite e rispettose del clima", affermava Philippe de Donato a luglio. Ora che il lavoro di ricerca è stato confermato, in Francia e in tutti gli istituti di ricerca internazionali si discute della scoperta. L'aver trovato un giacimento così importante di idrogeno bianco rimette in discussione il futuro energetico dell'Unione europea e di alcune conoscenze scientifiche: finora si credeva che non si potesse stoccare una quantità rilevante di idrogeno all'interno del suolo. Questo gas ci serve perché l'idrogeno non genera emissioni di anidride carbonica, il gas più associato al cambiamento climatico, e rappresenta a tutti gli effetti una leva essenziale per accelerare l'abbandono dei combustibili fossili come carbone, petrolio e gas naturale.
Quanto emerge dal comunicato del Cnrs è sorprendente: l'idrogeno secondo parte della comunità scientifica potrebbe diventare in futuro il carburante per i veicoli a celle a combustibile, ovvero un sistema che utilizza idrogeno e ossigeno per produrre elettricità. Inoltre potrebbe diventare fondamentale nei processi di decarbonizzazione dei settori definiti come "Hard to abate", ovvero laddove è difficile ridurre l'inquinamento ambientale.
Non è la prima volta che utilizziamo l'idrogeno per produrre energia, quello "blu" è l'idrogeno prodotto da combustibili fossili, attraverso la cattura della CO2 emessa. Quello verde è l'idrogeno finora più sostenibile, perché è quello che deriva dall'eolico, dal solare, o dall'idroelettrico. Anche queste fonti di energia però, pur essendo attualmente tra quelle più sostenibili, hanno una percentuale di emissioni di CO2. Quello bianco è la svolta: è l'idrogeno che non emette in nessun modo anidride carbonica. Si chiama nello specifico "diidrogeno" e si forma naturalmente nel sottosuolo. È bianco perché per la sua produzione non si emettono gas serra ed è direttamente disponibile.
Philippe de Donato e Jacques Pironon spiegano che questo tipo di idrogeno è più sostenibile di quello "verde", quello su cui stiamo puntando in Italia. Come emerge da un comunicato ministeriale infatti, Pichetto Fratin ha dichiarato di finanziare per 100 milioni la filiera di componenti per la produzione di idrogeno rinnovabile, quello verde, per l'appunto. L'investimento è previsto dal PNRR e i progetti riguarderanno la creazione o l'ampliamento di unità produttive di componenti degli elettrolizzatori, dispositivi per la compressione e lo stoccaggio dell’idrogeno, sistemi di interfaccia con impianti di produzione di energia rinnovabile, ma anche la ricerca industriale e la formazione di personale correlate all’investimento.
"Con la pubblicazione dell’avviso si fa un ulteriore passo in avanti per lo sviluppo e il potenziamento della filiera italiana dell’idrogeno rinnovabile, tecnologia strategica in particolare per i settori industriali ‘hard-to-abate’ e per i trasporti a lunga distanza", spiega il Ministro Gilberto Pichetto.
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