
Il problema ambientale generato dalla plastica è rappresentato dal suo rifiuto, certo, ma se vogliamo andare alla radice occorre considerare l’intero ciclo di vita di questo materiale, a partire dalla sua produzione che non accenna a rallentare.
Secondo i calcoli, infatti, dal 1950 sarebbero stati prodotte 8 miliardi di tonnellate di plastica, plastica immessa sul mercato mondiale (e quindi nell’ambiente) che è poi divenuta rifiuto, troppo spesso non gestito correttamente. Solo nel 2019 sono stati prodotti 368 milioni di tonnellate di plastica vergine. Numeri da capogiro che lasciano pensare a un vero e proprio tsunami.
Per questo motivo, un team di ricercatori ha pubblicato su Science un appello per spingere verso il bando globale della produzione di plastica vergine a partire dal 2040. La richiesta coinvolge scienziati delle varie nazionalità, dagli Stati Uniti all’Australia, alla Germania, fino alla Nuova Zelanda e al Ruanda e vorrebbe coinvolgere tutto il mondo in una scelta rivoluzionaria e necessaria.
L’idea di base è tanto semplice quando ancora inattuata: smettere di produrre materiale plastico vergine e utilizzare soltanto quella già presente sul Pianeta ampliando le possibilità e le tecnologie per utilizzarla in seconda vita secondo il principio dell’economia circolare. In questo modo non verrà immessa ulteriore plastica sul mercato ma si utilizzerà esclusivamente materia prima seconda, riducendo notevolmente l’afflusso di rifiuti di questo genere e anche implementando i meccanismi di raccolta e impiego, al fine di evitare ulteriori dispersioni in atmosfera.