Un nuovo materiale potrebbe ridurre la dipendenza dalla plastica: lo ha prodotto un gruppo di ricercatori del Mit di Boston

Per liberarci dalla nostra eccessiva dipendenza dalla plastica, non basta ridurre i consumi. Serve anche sviluppare materiali alternativi e sostenibili. Uno studio di un gruppo di ricercatori statunitensi svela alcuni passi avanti in questa direzione: al centro del loro lavoro c’è una nuova applicazione della cellulosa, il segreto della resistenza degli alberi.
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Michele Mastandrea 21 Febbraio 2022

Affrontare l’enorme inquinamento dovuto alla plastica, che impatta duramente sull'ambiente e in particolare sui mari, è come sai uno dei principali obiettivi della transizione ecologica. Affinché però sia possibile farlo senza rinunciare alla nostra qualità della vita, c’è necessità di trovare alternative. In particolare, nel campo degli imballaggi. Dagli Stati Uniti è arrivata nei giorni scorsi una interessante novità per quanto riguarda gli studi in questo settore. L’idea è quella di sfruttare ciò che rende forte il legno per la produzione di una “plastica sostenibile”.

In questa direzione si è attivato infatti un gruppo di ricercatori del Massachusets Institute of Technology (Mit) di Boston, che sta studiando l’utilizzo dei polimeri di cellulosa al fine di realizzare dei materiali innovativi. I polimeri di cellulosa sono quelli che compongono le fibre del legno: custodiscono il segreto della resistenza degli alberi, delle piante, delle alghe. Hanno eccezionali proprietà meccaniche e chimiche: se a oggi sono stati utilizzati soprattutto nella produzione di carta o tessuti, in futuro potrebbero avere una nuova importantissima applicazione.

Finora si era riusciti infatti a inserire nanocristalli di cellulosa solo in quantità minima all’interno di materiali composti per la maggior parte da fibre sintetiche. Il lavoro dei ricercatori A. John Hart, Abhinav Rao, Thibaut Divoux e Crystal Owens, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cellulose, ha portato invece alla realizzazione di un materiale dove la parte naturale è compresa tra il 60 e il 90 per cento.

I ricercatori sono riusciti a estrarre i nanocristalli, per poi inserirli all’interno di un composto dalla consistenza di un gel. Questo permette di replicare il composto anche attraverso la stampa 3D, oltre che con i metodi tradizionali. E i risultati sembrano incoraggianti: il composto realizzato dai ricercatori è più resistente di alcuni tipi di osso e più duro di alcune leghe di alluminio. E c’è un altro dato significativo. Il materiale ha una struttura simile a quella della madreperla, risultando dunque particolarmente resistente alla deformazione.

Restano d’altra parte numerosi problemi da risolvere. In primis, il restringimento del composto durante la sua trasformazione in gel, i cui effetti sono trascurabili nella creazione di piccoli manufatti, ma ancora rilevanti in caso di oggetti di grossa taglia, spiega lo studio. È inoltre da anni che sono in corso simili ricerche, le quali in molti casi non hanno poi avuto risultati pari alle aspettative generate inizialmente.

Lo studio dei ricercatori del Mit sembra comunque promettere bene, e le sue applicazioni potenziali sono numerose. Non solo materiali per imballaggio, ma anche, ad esempio, impianti dentali. Ovviamente non si tratta al momento di soluzioni completamente sostenibili: come detto, anche i composti realizzati combinano i cristalli di cellulosa con parti a base di materiali sintetici. Ma la strada sembra tracciata: la produzione di materiali in vista di una rivoluzione ecologica del packaging compie un ulteriore passo.