Un tumore grande quanto la sua testa gli avrebbe impedito di respirare: neonato salvato con un intervento da record

A causa di un tumore enorme, un feto di 37 settimane rischiava di non riuscire a respirare una volta venuto al mondo. Per salvarlo, i chirurghi l’hanno sottoposto a un intervento mai eseguito prima in Italia che ha previsto prima l’estrazione dalla pancia della mamma senza però mai staccarlo dalla placenta, il collegamento alla macchina cuore-polmoni e, tre giorni dopo, l’operazione di rimozione della massa. A 4 mesi di distanza, il bimbo sta bene.
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Kevin Ben Alì Zinati 7 Febbraio 2024
* ultima modifica il 07/02/2024

Venire al mondo e non riuscire nemmeno a respirare. Questo era il rischio cui stava andando incontro un feto di 37 settimane a causa di un’enorme massa tumorale all’altezza della gola.

Una neoplasia di natura benigna che però era crescita in maniera tumultuosa, molto compatta e voluminosa al punto da coinvolgere collo, mento e spalla.

Insomma: il tumore era grande quanto la testa del piccolo paziente e aveva ormai inglobato la carotide e la trachea.

Per salvargli la vita sarebbe stato necessario estrarlo senza però staccarlo dalla placenta della mamma, collegarlo alla macchina cuore-polmone prima di recidere il cordone ombelicale, completare il parto cesareo e infine rimuovere la massa.

Sarebbe stato un intervento delicatissimo e mai eseguito prima in Italia eppure i medici dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ce l’hanno fatta.

La procedura salvavita, denominata EXIT-to-ECMO, è stata eseguita con successo e a distanza di 4 mesi, il bambino sta bene ed è tornato a casa con la famiglia.

L’intervento era strettamente necessario perché la massa tumorale non avrebbe solo impedito al bambino di respirare una volta nato ma avrebbe impedito anche ai medici di procedere con l’intubazione o con la tracheotomia per consentire la respirazione, procedure estreme ma “standard” in circostanze simili.

Una volta trasportato il sala operatoria, i chirurghi hanno quindi proceduto prima con l’estrazione del feto dalla pancia della mamma attraverso un taglio cesareo, tutto senza mai staccarlo dal cordone ombelicale e dalla placenta: senza, dunque, provarlo della circolazione e dell’ossigenazione del sangue di cui aveva bisogno.

Portata a termine questa fase, i chirurghi avrebbero avuto a disposizione una finestra temporale di 40-50 minuti per rimuovere il tumore prima di dover completare il parto con il clampaggio del cordone ombelicale, durante il quale il piccolo avrebbe potuto ricevere l’intubazione o la tracheotomia.

Viste le sue condizioni, però, l’unica possibilità era la circolazione extracorporea, una procedura che attraverso una macchina cuore-polmone sostituisce la funzione respiratoria e cardiaca in maniera artificiale.

Una ricostruzione 3D della massa tumorale che avrebbe impedito al bambino di respirare una volta venuto al mondo. Photo credit: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Dopo avergli aperto il torace e aver inserito all’interno dei grossi vasi sanguigni vicino al cuore due cannule collegate alla macchina, i medici sono dunque riusciti a portare a termine il parto cesareo.

A poche ore dalla nascita il bimbo – sempre collegato all’Ecmo – è stato quindi trasferito all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per la preparazione all’intervento di rimozione del tumore che ha richiesto il lavoro di un’équipe multidisciplinare per oltre 7 ore.

Nelle settimane successive il piccolo è stato assistito in ospedale per il recupero post intervento e per le cure oncologiche. Quattro mesi di ricovero dopo, è tornato a casa. Non poteva perdersi il primo Natale con la famiglia.

Fonte | Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma

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