Una ripresa sostenibile che inizia dal macroscopico: Sara Diena e le lotte future dei Fridays for Future

Non se ne erano mai andati e il 9 ottobre torneranno in piazza (a distanza di sicurezza) per riportare l’attenzione politica sulla crisi climatica, per salvaguardare la salute del Pianeta e anche la nostra. Sara Diena, attivista Fridays for Future di Torino, ci racconta le battaglie presenti e future dei giovani attivisti per l’ambiente.
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Sara Del Dot 21 Settembre 2020

Nuove consapevolezze per le lotte di sempre. Questo è il bilancio dei mesi così particolari appena trascorsi, che hanno visto il mondo fermarsi e la natura riappropriarsi dei propri spazi. Mesi che non hanno fatto altro che confermare quello che i Fridays for Future, i giovani attivisti per il clima, ribadiscono da anni. Bisogna cambiare le cose, una volta per tutte. E il cambiamento deve partire non soltanto dal singolo cittadino, ma soprattutto da chi detiene il potere politico di compiere scelte in grado di rivoluzionare il modo in cui gestiamo le risorse che vanno a impattare così tanto sul Pianeta. E questo sarà uno dei grandi temi del prossimo Climate Strike, uno sciopero prudente all’insegna del distanziamento sociale e proprio per questo ancora più importante, dal momento che, l’abbiamo capito, la salute del Pianeta non si può slegare da quella delle persone.

Per approfondire il punto di vista dei Fridays for Future in merito a ciò che è successo e ciò che succederà, abbiamo parlato con Sara Diena, attivista torinese di 20 anni che al momento studia scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione nel capoluogo piemontese.

“La visione è un po’ contrapposta tra ottimismo e pessimismo. A livello di dati è infatti indubbio che le emissioni si siano ridotte durante il lockdown, ma la storia insegna che in seguito ai periodi di crisi la ripartenza è sempre caratterizzata da un aumento consistente nella produzione di CO2. Anche in questo caso, la teoria si è rivelata esatta e infatti abbiamo già ripreso a inquinare come prima se non più di prima. Ed è proprio per questo che, ancora una volta, ci stiamo mobilitando. Vogliamo infatti fare pressione sia a livello microscopico che macroscopico affinché questa ripresa possa essere quanto più possibile sostenibile dal punto di vista ambientale.”

Una ripresa green che le istituzioni sembrano intenzionate a supportare, anche se, secondo i Fridays, con iniziative insufficienti alle reali necessità.

“La presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha annunciato l’intenzione di stanziare il 37% del Recovery Fund per il Green New Deal. È una notizia molto bella, ma dal nostro punto di vista, o meglio dal punto di vista dei dati della comunità scientifica, si parla ancora di numeri insufficienti per far fronte alla situazione che la crisi climatica sta preannunciando.”

E quali sarebbero, quindi, gli aspetti su cui è necessario intervenire per ridurre le emissioni secondo i giovani attivisti?

“Noi come movimento crediamo nel cambiamento del singolo e delle singole abitudini che sono importanti per portare avanti l’idea di cambiare le cose. Tuttavia il cambiamento del singolo non può essere in alcun modo paragonabile a pratiche come l’estrazione dei combustibili fossili e l’impiego degli allevamenti intensivi. Per questa ragione ultimamente stiamo cercando di spingere sempre di più sui cambiamenti macroscopici rispetto a quelli individuali, perché l’importanza del cambiamento individuale non è tanto lo smettere di bere dalla bottiglietta di plastica, quanto il mostrare alle persone che ci circondano la portata reale del problema. Ed è per questo che all’inizio di maggio abbiamo scritto una lettera all’Italia nell’ambito della campagna “Ritorno al futuro”, affinché si possa in futuro ripartire in una maniera più controllata. Allargando lo sguardo, a livello europeo l’anno scorso abbiamo avviato la campagna per portare avanti una proposta di legge a livello europeo con determinati obiettivi tra cui la riduzione delle emissioni nette 80% entro il 2030. Sono ambizioni grosse, ma sono anche le uniche richieste che se attuate possono davvero fare la differenza per farci guadagnare tempo al fine di contrastare almeno in parte la crisi climatica.”

Per riportare l’attenzione dei cittadini su tutti questi temi, il 9 ottobre si terrà il nuovo Climate Strike. Uno sciopero diverso dagli altri, in cui si scenderà in piazza all’insegna delle normative anti-Covid, evitando assembramenti e cortei.

“A tutti noi farebbe piacere tornare tutti insieme in piazza, ma essendo un movimento che si fonda sulla scienza e dati scientifici sarebbe molto incoerente non rispettare in questo momento le normative che la comunità scientifica ci impone. A livello nazionale non ci sono normative precise, posso dire che a Torino si pensava a un possibile sit-in o a una modalità che permetta di mantenere le distanze per stare insieme evitando assembramenti veri e propri. Questo sciopero, anche attraverso questa modalità, vuole proprio rappresentare l’intersezionalità delle nostre diverse battaglie, dal momento che la crisi climatica ha dato prova del legame con la crisi sanitaria, quindi il nostro obiettivo è mettere in luce anche questo aspetto.”