
In autunno i suoi rami sono adornati di bacche rosse, che vengono sostituite in primavera da bellissimi fiori dalle tonalità che variano dal bianco al rosa. Il cotonastro (Cotoneaster Franchetii) ha tutte le carte in regola per essere considerato una pianta ornamentale: è un sempreverde che raggiunge anche i 2 metri di altezza ed è utilizzato per abbellire le siepi; oltretutto resiste bene agli sbalzi termici e alle temperature rigide dell’inverno. Ma c’è di più.
Il cotonastro, infatti, è una delle specie vegetali più efficaci per combattere l’inquinamento atmosferico. A sostenerlo è uno studio pubblicato dalla Royal Horticultural Society, l’istituzione britannica di ortocultura. Il team di ricercatori che si è occupato di questo studio sotto la coordinazione della Dottoressa Tijana Blanusa ha studiato le possibili soluzioni da poter adottare per combattere l’inquinamento atmosferico dei centri urbani più affollati.
Lo studio ha quindi evidenziato come il cotonastro possa risultare il 20% più efficace rispetto ad altri arbusti nel contrastare l’inquinamento urbano: una siepe lunga almeno un metro, per esempio, in una settimana può intrappolare le particelle nocive del gas di scarico prodotto da un’auto che si muove su una distanza di ben 800 km.
Esistono naturalmente altre piante dalle caratteristiche sostenibili simili al cotonastro, tra cui per esempio l’edera, il ginkgo biloba, il frassino comune, il tiglio selvatico e l’olmo, tutte segnalate in questo articolo di Coldiretti. Queste specie vegetali dovrebbero essere considerate una risorsa per far fronte agli elevati livelli di inquinamento atmosferico che colpiscono la maggior parte delle città e delle metropoli. Di fronte all’evidente cambiamento climatico dovrebbero essere inserite nel piano del verde urbano e tutelate, tutto a nostro vantaggio.