Uno studio conferma: la Cina è riuscita a “cambiare il cielo” su Pechino creando piogge artificiali

La tecnica dell’inseminazione delle nuvole non è nuova e non è utilizzata solo in Cina. I ricercatori della Tsinghua University hanno confermato che il governo di Pechino è riuscito ad ottenere lo scorso 1 luglio, in occasione delle celebrazioni per il 100esimo anniversario del Partito Comunista cinese, il risultato sperato: ovvero causare artificialmente delle precipitazioni intorno alla capitale per ripulire l’aria.
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Federico Turrisi 15 Dicembre 2021

Se ti è mai capitato di andare a Pechino, saprai che uno dei principali problemi che afflige questa metropoli è lo smog. Cielo grigio, cappa soffocante, strade avvolte da una densa nube di inquinanti. Di certo, non è questo lo scenario adatto per mettere in mostra la forza e il prestigio dello Stato cinese. E così il governo ha pensato che per le celebrazioni del centenario del Partito Comunista cinese (l'anniversario è caduto lo scorso 1 luglio) ci volesse a tutti i costi un cielo più limpido e una qualità dell'aria migliore. Ma come fare?

Innanzitutto, nei giorni precedenti è stata ordinata la chiusura delle fabbriche vicino alla città e vietata la circolazione dei mezzi pesanti. Ma questo non è bastato a ridurre l'inquinamento atmosferico. L'assenza di vento non avrebbe comunque consentito di avere le condizioni ideali per le colossali scenografie previste per il centenario. L'unico modo è stato allora provocare delle piogge artificiali la notte precedente sopra la periferia di Pechino. Fantascienza? No, tutto ciò è reso possibile grazie alla tecnica dell'inseminazione delle nuvole (cloud seeding, in inglese).

Non staremo qui a spiegare nel dettaglio il suo funzionamento: in estrema sintesi, attraverso dei potenti cannoni, viene sparato in aria una certa quantità di ioduro di argento, un composto chimico che provoca la formazione di cristalli di ghiaccio nell’atmosfera, favorendo le precipitazioni. La Cina è la nazione che fa il più largo uso dell'inseminazione delle nuvole, per esempio nella regione arida dello Xinjiang. Ma anche negli Emirati Arabi Uniti e negli Stati Uniti – solo per citare altri due esempi – si fa ricorso a questa tecnologia.

Ma torniamo alla festa del 1 luglio. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Tsinghua University e pubblicato sulla rivista Environmental Science lo scorso novembre, ha affermato che l'operazione di inseminazione delle nuvole compiuta su vasta scala nelle ore precedenti all'evento ha assicurato effettivamente un cielo sereno su Pechino e un netto calo dell'inquinamento atmosferico. In particolare, la pioggia artificiale ha permesso di ridurre il livello di particolato fine, il Pm2.5, di oltre due terzi e ha migliorato la qualità dell’aria facendola passare da "moderata" a "buona" secondo gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Se da un lato si tratta dell'ennesima prova di forza della Cina, dall'altro è sempre più aperto dibattito sull'utilizzo di questa tecnica che permette di modificare le condizioni meteorologiche, anche in cosniderazione del fatto che la frequenza di eventi siccitosi è destinata a salire a causa della crisi climatica. Insomma, una cosa è certa: di cloud seeding ne sentiremo ancora parlare a lungo.