Upwelling, un processo fondamentale per il benessere del mare: scopri cos’è

La risalita delle acque profonde in superficie è un fenomeno importante per il mantenimento e il proliferare degli ecosistemi marini. Uno studio della fondazione Cmcc ne ha analizzato ragioni e cambiamenti.
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Gianluca Cedolin 30 Aprile 2020

Ci sono ecosistemi marini molto più produttivi rispetto ad altri, in cui si riunisce la maggior parte dei pesci e da cui deriva, quindi, una buona parte dei prodotti ittici mondiali. Uno dei fenomeni con cui si spiega questa concentrazione è quello dell’upwelling. Anche se non è molto noto come nome, è un processo importante, su cui molti studiosi lavorano tuttora: proveremo qui a spiegarti in cosa consiste.

Che cos’è l’upwelling

Come scrive la Fondazione Cmcc (Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici), «l’upwelling, o risalita delle acque profonde, è un processo in cui le acque fredde e profonde risalgono verso la superficie dell’oceano. Tipicamente queste acque sono più fredde e ricche di nutrienti delle acque superficiali. È questo il motivo per cui gli ecosistemi costieri di upwelling sono fra i più produttivi al mondo e sostengono molte delle più importanti industrie ittiche del mondo”.

Questo avviene perché i venti che soffiano lungo la costa producono una corrente che viene deviata in direzione perpendicolare alla costa, verso il largo: questo porta quindi a far risalire l’acqua più profonda, di fatto per “sostituire” l’acqua superficiale spinta verso il largo. L’acqua profonda è più fredda e ha più nutrienti rispetto a quella superficiale: questi nutrienti, in presenza della luce solare, fanno fiorire il fitoplancton, che è alla base della catena alimentare di quasi tutti gli ecosistemi acquatici.

I principali sistemi di upwelling delle coste orientali (Eastern boundary upwelling systems, Ebus) sono le correnti di Benguela, California, Humboldt e Canarie: grazie a questi si sviluppano ecosistemi marini molto produttivi, che pur estendendosi solamente sull’1% dell’oceano forniscono fino al 20% del pescato mondiale.

Lo studio della Fondazione Cmcc

Tre studiosi italiani della Fondazione, un ente no profit nato con il supporto di vari ministeri nel 2005 nell’ambito del Programma strategico nazionale della ricerca, hanno pubblicato su Nature scientific (insieme uno studioso, sempre italiano, del Georgia institute of technology) uno studio intitolato Interannual to decadal variability within and across the major Eastern boundary upwelling systems.

In questo studio hanno analizzato quali siano i driver e i cambiamenti degli Ebus, notando innanzitutto che «il riscaldamento costiero aumenta la stratificazione delle masse d’acqua e potrebbe limitare l’efficacia del fenomeno di risalita in grado di portare in superficie le acque profonde ricche di nutrienti». Una prova, ulteriore, di quanto l’aumento delle temperature connesso alla crisi climatica faccia male agli oceani e ai suoi ecosistemi.

Lo studio, tra le tante cose, ha evidenziato anche “l’unicità di ciascun Ebus in termini di driver e di variabilità climatica”, che dipendono da molti fattori, ma ribadito che a livello assoluto “la variabilità associata ai modi climatici potrebbe rivelarsi cruciale per predire future alterazioni alle scale interannuale e decennale”. Alterazioni che il Cmcc continua a monitorare con ricerche come questa.

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