Definire l’epoca in cui viviamo con uno dei materiali maggiormente prodotti e soprattutto che più viene ritrovato in natura, dove insomma non dovrebbe mai stare, lascia intendere come la situazione, negli ultimi decenni, ci sia sfuggita di mano.
Ciclicamente il tema dell’inquinamento da plastica torna sotto i riflettori sia grazie alle costante campagne ambientaliste che, per fortuna, alla comunità medica.
Che la plastica sia così tanta nel mondo da raggiungere il nostro organismo in vari modi, contaminandoci con le sostanze chimiche di cui è composta ma dei cui effetti non si sa ancora molto, non è certo una novità. Solo due anni fa era uscita la notizia che il corpo umano ingerisce in media l’equivalente di una carta di credito a settimana.
E proprio per il fatto che le conseguenze di questa ingestione sono ancora poco conosciute è uscito recentemente un documento del Comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi dal titolo “Uscire dal Plasticene. Parere del Comitato Etico a favore di un’economia circolare delle plastiche a difesa dell’ambiente e della salute”, un vero e proprio appello alle varie realtà coinvolte per uscire dal Plasticene, l’età della plastica, e salvaguardare la salute del Pianeta e la nostra.
Il comitato ha messo insieme tutte le conoscenze disponibili in merito agli effetti della plastica sulla salute umana e ambientale, per gettare le basi per una vita d’uscita dal Plasticene e riprendere il controllo della produzione ormai incontrollata di questo materiale che ha già raggiunto gli angoli già remoti del Pianeta.
Proprio per questo, il rapporto si concentra molto sulle micro-plastiche, l’effetto più preoccupante dell’inquinamento: si tratta di frammenti plastici di diametro piccolissimo e per questo molto più insidiosi e impossibili da raccogliere e recuperare. Sono infatti state trovate dappertutto nel mondo, dall’aria che respiriamo alle profondità degli abissi, fino ai ghiacciai in alta quota. E si tratta di un problema difficilmente arginabile, o almeno in breve tempo, dal momento che le microplastiche rappresentano l’effetto a lungo termine della degradazione di parti più grandi e corpose di rifiuti di questo materiale. Di conseguenza, anche se si smettesse oggi di produrre nuovo materiale, quello già presente continuerà a inquinare e colpire l’ambiente circostante per molto tempo.
Materiale dei cui rifiuti ogni anno vengono sparse nell’ambiente tonnellate e tonnellate, molte delle quali finiscono facilmente in mare attraverso scarichi illegali, corsi d’acqua come canali, fiumi o torrenti, o ancora tramite una raccolta differenziata poco attenta.
L’obiettivo del documento, articolato in 4 parti, è quello di spingere istituzioni, scienziati, aziende e decisori vari a impegnarsi per colmare tutte le lacune di conoscenza sugli effetti che i rifiuti plastici possono avere sulla salute umana così da mettere in piedi un piano d’azione per limitarne la diffusione.