Voglia di Desert therapy? Puoi farne un po’ anche in Italia

Dune di sabbia, pietre, terre aride erose dal vento. Sono i deserti quasi incontaminati che si possono scoprire anche rimanendo in Italia. Tanto belli da essere diventati anche luoghi scelti per girarci un film.
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Gaia Cortese 2 Maggio 2021

Tra le ultime tendenze per ridurre lo stress e trovare un po’ di pace dai ritmi frenetici della quotidianità, compare anche la Desert therapy, vale a dire terapia del deserto. Sì, perché attraversare distese di sabbia, ammirarne le dune e godere di un silenzio avvolgente che porta con sé solo una gradevole sensazione di pace, può essere un valido metodo per ritrovare il proprio benessere psicologico.

Va detto che mettere in pratica la desert therapy non è proprio a portata di mano perché inevitabilmente implica che si debba prendere un aereo per raggiungere mete lontane come il Nord Africa, l’America o l’Australia, dove rispettivamente si trovano alcuni dei più vasti deserti del mondo; dal Sahara al Salar di Uyuni in Bolivia, fino al Simpson Desert australiano. Fino a che non si scoprono i suggestivi deserti che si trovano anche nella nostra penisola. Da non crederci, ma è così.

Il deserto di Piscinas (Sardegna)

Nella zona sud-ovest della Sardegna il Deserto di Piscinas, o Dune di Piscinas, è anche conosciuto con il nome di "piccolo Sahara italiano". Qui il paesaggio offerto sembra uscire dal film “Lawrence d’Arabia”, le dune raggiungono un’altezza di 100 metri e si susseguono fino al mare della Spiaggia di Piscinas. Modificate nel corso dei secoli dai venti occidentali che battono su questa zona tutto l’anno, non sorprende che queste stesse dune siano state dichiarate Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Fatta eccezione per il magazzino delle vicine miniere di Gennamari e Ingurtosu dichiarato nel 1985 monumento nazionale dal Ministero per i beni culturali e ambientali, questa zona è ancora incontaminata: la vegetazione mediterranea profuma l’aria con i suoi odori e offre percorsi in mezzo alla natura per gli appassionati di trekking. Non solo. la spiaggia di Piscinas è frequentata da esemplari di testuggine mediterranea (Testudo hermanni) e di tartaruga Marina (Caretta caretta) che qui vengono a deporre le uova.

Le dune di Capocotta (Lazio)

Nella zona del litorale romano, tra Castel Porziano e Torvaianica, si trovano le dune di Capocotta, uno dei tratti di dune meglio conservati sul territorio. Si incontrano sul tratto di litorale chiamato “cancelli”, sono lunghe almeno 5 km, ma non sono alte come quelle di Piscinas; ad ogni modo nel 1996 sono diventate parte della Riserva Naturale Statale Litorale Romano.

Anche qui l’ambiente offre una varietà di flora e fauna allo stato selvaggio da preservare. Tutta l’area è infatti inserita nelle Zone di Protezione Speciale: in diversi periodi dell’anno qui fioriscono la centaurea, il giglio di mare e la camomilla marina, mentre la macchia mediterranea, con una notevole presenza di esemplari di mirto e ginepro, caratterizza il cordone più fitto della vegetazione con lentisco, erica, alaterno e stracciabraghe. Le dune ospitano numerose specie animali tra cui quaglie, upupe, capinere e usignoli, ma anche donnole, istrici e conigli selvatici più nell’entroterra. In particolare, merita una visita la Duna di Capocotta, la più lontana dalla foce del Tevere.

Il deserto di Accona (Toscana)

Un paesaggio aspro, un suolo duro e sterile come la pietra. A ridosso delle Crete Senesi, il deserto di Accona si presenta così. Un paesaggio unico che nel tempo si è trasformato e modificato in seguito all’erosione provocata dal vento, alle precipitazioni scarse e alla mancanza di presenza umana.

Molti  chiamano questa zona le “badlands” italiane, trattandosi di una distesa di dune che si estende fra Asciano, Montalcino e Buonconvento. Se dovessi trovarti da queste parti, non potresti non notare il tipico colore chiaro di queste terre che è dovuto alle calanche rocciose e corrugate, e ai campi di biancane, rilievi formati da un mix di argilla ed elementi salini che affiorano sulla terra.

Negli anni Sessanta questa area doveva essere un luogo ancora più selvaggio e abbandonato, tant'è che il noto regista Monicelli decise di ambientare qui alcune scene del film “Brancaleone alle Crociate”. E così dovevano rimanere, per non perdere la loro particolarità, tuttavia alcune azioni dell'uomo come la raccolta delle acque in laghi artificiali e la lavorazione meccanizzata della terra per seminare grano e granoturco, hanno finito per minacciare le cosiddette badlands limitandone la presenza su alcuni versanti.