Waru waru: cos’è e come funziona l’antica tecnica di coltivazione andina che evita lo spreco di acqua

Sai cos’è e come funziona l’antica tecnica agricola del waru waru? Si tratta di una modalità di coltivazione davvero particolare che prevede di allagare certe zone e di creare dei solchi che accoglieranno poi le colture. Ecco come funziona e perché potrebbe essere interessante per combattere il cambiamento climatico.
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Sara Polotti 1 Marzo 2024

Creare delle terrazze rialzate e sfruttare le inondazioni per creare dei canali di irrigazione: la tecnica del waru waru – antichissima! – è solo apparentemente semplice, poiché nei fatti permette di rendere più efficiente l'agricoltura ma soprattutto di sfruttare a proprio vantaggio il cambiamento climatico.

Ecco perché negli anni Ottanta in Perù e Bolivia si è ricominciato ad utilizzarla, dopo che per secoli era stata abbandonata.

Le origini del varu waru

La tecnica del waru waru è antica e le sue origini risalgono alle civiltà precolombiane delle Ande, come gli Inca e i Tiahuanaco, che si trovavano nei pressi del lago Titicaca. Stabilire una datazione precisa della nascita di questa tecnica è difficilissimo, ma si ritiene che sia stata sviluppata migliaia di anni fa, forse già prima dell'Impero Inca, nel 300 a.C., e successivamente perfezionata dalle civiltà che abitavano le alture delle Ande.

La pratica del waru waru si è evoluta nel corso del tempo, con variazioni nelle tecniche di costruzione e nell'uso dei sistemi d'irrigazione, ma il concetto fondamentale di creare letti rialzati e canali d'irrigazione per coltivare in terre soggette a inondazioni o scarsità d'acqua è rimasto costante. Tanto che, dopo che la tecnica era stata abbandonata, negli anni Ottanta è tornata in auge quando a Tiawanaco (Bolivia) e a Puno (in Perù) si è ricominciato a metterla in pratica.

Il nome è nativo americano: le tribù Quechua chiamavano infatti questa pratica proprio in questa maniera.

Come funziona il waru waru

Questo metodo di coltivazione prevede la creazione di letti rialzati e canali d'irrigazione per coltivare, come già accennato, in zone nelle quali la siccità e le inondazioni rendono tutto più difficile.

I letti rialzati sono costruiti con terra e fango, creando una serie di terrazze sopraelevate separate da canali d'irrigazione. Questo antico ma ingegnoso design consente di incanalare e trattenere l'acqua, riducendo l'erosione del terreno e aumentando l'efficienza nell'irrigazione. Oltre a ciò, i letti rialzati favoriscono il drenaggio e la ventilazione del suolo, che come saprai sono essenziali per la buona salute delle piante, che così non rischiano il marciume radicale.

La tecnica waru waru è sostenibile?

Pur antica e per certi aspetti rudimentale, questa tecnica presenta numerosi benefici e vantaggi e soprattutto potrebbe aiutare ancora oggi, combattendo la crisi climatica in atto. In che modo?

Prima di tutto, i letti rialzati e i canali d'irrigazione del waru waru sono progettati per catturare e trattenere l'acqua, riducendo il rischio di erosione del suolo e garantendo un migliore approvvigionamento idrico per le colture. Se il cambiamento climatico sta portando all'aumento dei fenomeni meteorologici estremi come siccità e piogge intense, questa capacità di conservazione dell'acqua diventa preziosa.

Per gli stessi motivi, le terrazze rialzate favoriscono il drenaggio e la ventilazione del terreno, riducendo il rischio di inondazioni e migliorando le condizioni di crescita per le piante. A lungo andare, tutto ciò potrebbe rendere le colture più resilienti agli eventi climatici estremi e alle variazioni delle precipitazioni.

Infine, l'implementazione di pratiche agricole rispettose della natura, che migliorano l'efficienza nell'uso dell'acqua e aumentano la fertilità del suolo – come il waru waru – può contribuire concretamente alla riduzione di emissioni di gas serra, e in particolare quelle legate all'agricoltura. La migliore gestione del suolo può per esempio aumentare la capacità di stoccaggio di carbonio nel terreno, contribuendo alla mitigazione del cambiamento climatico.

Fonte| OAS.org