Quante volte avvicinandoci a una fontanella per bere ci chiediamo “ma sarà potabile”? Da piccoli i nostri genitori ci ponevano davanti alla distinzione acqua potabile/non potabile come se significasse vivere o morire, riferendosi prevalentemente alle fontanelle pubbliche o a torrenti di montagna. Come se il fatto che non fosse presente alcun cartello che ne garantisse la totale salubrità ne definisse automaticamente la pericolosità mortale. Sicuramente in diverse parti del mondo è proprio così, e l’acqua potabile rappresenta ancora oggi un concetto, senza esagerare, piuttosto elitario. Ma che significa, effettivamente, che un’acqua è considerata potabile? Quali sono le caratteristiche che deve avere per poter essere bevuta senza ripercussioni sulla salute?
L’acqua potabile è, per definizione, l’acqua che si può bere senza alcuna conseguenza per la salute. Si tratta di acqua limpida, incolore, insapore, inodore, salubre e pulita, che non contiene batteri, microrganismi o sostanze pericolose per la salute umana. È potabile l’acqua in bottiglia che acquistiamo al supermercato e anche quella che esce dai rubinetti di casa. Non è potabile l’acqua dei fiumi, dei laghi e dei bacini artificiali che non sia stata sottoposta a un processo di potabilizzazione. L’acqua infatti può essere contaminata da sostanze inquinanti o essere veicolo di trasmissione di malattie infettive anche molto gravi. Per questo motivo va continuamente monitorata per verificarne la salubrità.
La potabilizzazione dell’acqua è il processo a cui il liquido viene sottoposto affinché diventi adatto ad essere bevuto. Solitamente si articola in tre fasi:
I requisiti di potabilità sono definiti attraverso più di cinquanta parametri chimici e microbiologici, controllati costantemente attraverso milioni di analisi all’anno, tutti elencati all’interno del D.Lgs 31/2001, attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Secondo questa normativa, sono considerate acque di questo tipo:
La potabilità dell’acqua è definita dalla quantità di sostanze contenute nella soluzione, che non devono superare il massimo indicato. I parametri da tenere d’occhio a cui si fa riferimento sono così riassumibili:
L’Italia è classificata al terzo posto nel mondo per l’utilizzo di acqua in bottiglia, anche quella dei suoi rubinetti presenta un grado di potabilità molto alto. Infatti, l’acqua presente nelle nostre case deriva per l’85% da falde sotterranee e protette. Sono rarissimi i casi in cui si riscontrano delle anomalie, come la presenza di elementi chimici come l’arsenico, naturalmente presente nella falda acquifera, che deve però rimanere a 10 microgrammi per litro. Molto diverso è il discorso per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, dove molto spesso per poter bere l’acqua è necessario prima bollirla per renderla sterile, e solo allora è possibile attingervi.