
In questi giorni, diversi supermercati tedeschi di una nota catena discount stanno portando avanti la campagna "prezzi veri”, cioè l'importo che dovrebbe essere effettivamente applicato se si tenesse conto di tutti i danni ambientali causati dalla produzione. Si tratta di una sorta di esperimento sociale, della durata di una settimana: il “prezzo vero” viene applicato a 9 prodotti, dal formaggio ai würstel: il risultato è davvero di forte impatto, basta pensare che in più di un caso i prezzi sono aumentati del 94%.
La catena intende devolvere i ricavi aggiuntivi a un progetto per la protezione del clima e la conservazione delle aziende agricole a conduzione familiare nella regione alpina. Secondo la catena di supermercati, questo passo è volto a creare una maggiore consapevolezza dell'impatto ambientale della produzione alimentare.
Gli animi si sono divisi su questa iniziativa. Da un lato gli ambientalisti l'hanno lodata in quanto capace di denunciare come molti prodotti alimentari vengano ancora realizzati senza alcun riguardo per l'ambiente e il clima.
Ma l'iniziativa, per quanto apprezzata, non può bastare: gli ambientalisti chiedono a gran voce l'intervento concreto da parte della politica. Alcuni propongono, per esempio, l'abolizione dell'IVA sugli alimenti di origine vegetale e, al contrario, il suo aumento su carne e prodotti caseari, dal momento che la produzione di questi ultimi è molto più dannosa per l'ambiente rispetto a quella di frutta e verdura. Ciò incoraggerebbe – sostengono gli ambientalisti – un cambiamento nelle abitudini di consumo.
Il principio alla base della campagna sui prezzi veri è senza dubbio valido, ma sono pochi i consumatori che la vogliono sostenere (del resto a realizzarla è stata una catena di supermercati discount, che in quanto tale punta a una clientela molto attenta al risparmio).
Un sondaggio condotto in merito a questa iniziativa, infatti, ha evidenziato che solo il 16% dei tedeschi intende acquistare prodotti ai "veri prezzi", che tengono conto anche dei danni ambientali causati dalla produzione. Il 44% non ha intenzione di farlo. Gli intervistati di età pari o superiore ai 55 anni sono stati i meno propensi a sostenere la campagna (8%).