Allevamenti e antibiotico-resistenza: a che punto è la legge italiana

Tra le cause dell’antibiotico-resistenza rientra anche l’uso di farmaci negli allevamenti. Ecco perché l’Unione europea ha emanato negli anni una serie di regolamenti per regolare e controllare l’uso di antibiotici anche in ambito veterinario, che si sono tradotti in una serie di leggi e piani nazionali piuttosto complessi. Facciamo chiarezza.
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Maria Teresa Gasbarrone 2 Aprile 2023
* ultima modifica il 03/04/2023
Intervista a Dott.ssa Raffaela Barbero Coordinatrice del Gruppo di lavoro FNOVI sul 'farmaco veterinario

Anche se non se ne parla spesso tra le cause dell'antibiotico-resistenza, ovvero il fenomeno per cui sono sempre più i batteri resistenti agli antibiotici, c'è l'abuso che di questa categoria di farmaci è stato fatto in passato negli allevamenti a scopi alimentari.

Ecco perché da quando si è preso atto delle dimensioni drammatiche che l'antibiotico-resistenza potrebbe presto raggiungere – è stato stimato che nel 2050 causerà 10 milioni di morti, più del cancro – sono diversi i Paesi che hanno attivato piani nazionali a scopo preventivo per regolare e soprattutto limitare la somministrazione di antibiotici anche nell'allevamento zootecnico.

In Europa, ma soprattutto in Italia, l'attenzione al tema è piuttosto forte, tanto che negli ultimi 20 anni sono stati emanati diversi regolamenti – e approvate altrettante leggi – per controllare il settore. Un insieme intricato di regole, che pur nella loro complessità, sono finalizzate alla nostra sicurezza alimentare.

Abbiamo cercato di individuare e capire come funzionano le cose in Italia e quali sono i riferimenti normativi attualmente in vigore.

Il legame tra allevamenti e antibiotico-resistenza

Ti starai chiedendo come l'uso di farmaci negli animali possa contribuire all'antibiotico-resistenza negli uomini. La risposta è piuttosto semplice: l'antibiotico-resistenza è un unico fenomeno perché per i microrganismi che sviluppano l'eventuale resistenza non c'è distinzione tra uomini e animali.

"L'uso dei farmaci anche in ambito animale – spiega la dottoressa Raffaela Barbero, coordinatrice del Gruppo di lavoro sul farmaco veterinario della Federazione nazionale ordini veterinari italiani (Fnovi) – è collegata all'antibiotico-resistenza perché utilizza parte degli antibiotici impiegati nella medicina umana. La maggior parte delle molecole, o meglio di categorie di antibiotici sono le stesse nei due ambiti e il problema nasce dal fatto che quando un microrganismo instaura una resistenza, la instaura contro tutta la famiglia degli antibiotici che contengono quella molecola".

In sostanza, poco conta se nell'uomo viene impiegata una molecola di ultimissima generazione rispetto a quella utilizzata nel farmaco a uso veterinario, se la famiglia di appartenenza è la stessa, il microrganismo sarà resistente ad entrambi, sia nell'animale che nell'uomo.

Come invertire la tendenza

"La medicina veterinaria – continua l'esperta – ha quindi un ruolo nell’antibiotico-resistenza in quanto concorre a creare una pressione selettiva nei confronti dei microrganismi. Per questo la priorità sia della medicina umana che di quella veterinaria deve essere preservare l’efficacia degli antibiotici".

Come si preserva questa efficacia? Usandoli il meno possibile, sia in veterinaria che nella medicina umana perché a un minor uso corrisponde una minore pressione selettiva sull’ambiente.

L'uso dei farmaci negli allevamenti italiani

"L’Italia è uno dei Paesi in Europa con il maggior numero di controlli per quanto riguarda l'uso del farmaco nell'allevamento zootecnico", rassicura Barbero.

Questo si deve anche alla politica europea: le direttive e i regolamenti europei, relativi alla sicurezza alimentare, quindi a tutela della salute del consumatore, sono molto stringenti.

La tracciabilità dei farmaci

Su tutto il territorio italiano sono attivi i servizi veterinari pubblici, ovvero delle "unità di veterinari che – prosegue Barbero – effettuano controlli di farmaco sorveglianza in tutti gli allevamenti". In concreto i sanitari addetti ispezionano l’allevamento per monitorare in modo dettagliato come vengono impiegati i farmaci all’interno di quella data realtà.

Ricetta elettronica

L’Italia è inoltre uno dei pochi paesi europei ad aver già attivato – come richiesto Regolamento (UE) 2019/6 sui medicinali veterinari – un sistema di tracciabilità del medicinale veterinario. Questo sistema si unisce e integra un’altra importante novità introdotta negli ultimi anni in seguito al Regolamento Ue 2016/679, con cui è stata introdotta la ricetta elettronica veterinaria obbligatoria.

Cosa significa questo? “In ambito veterinario – spiega l’esperta – non è possibile che un veterinario possa fare una ricetta che non sia tracciata". Mentre questo è ancora possibile  per la medicina umana: "Ad oggi lo specialista medico umano – non il medico di base – utilizza la ricetta bianca, ovvero non informatizzata. Questo quindi impedisce di tracciare i farmaci, tra cui gli antibiotici, prescritti. Invece in ambito veterinario tutto deve essere tracciato".

Registro dei trattamenti informatizzato

Il nuovo regolamento europeo del 2019 ha poi introdotto il registro dei trattamenti informatizzato. In concreto grazie a questo strumento viene registrato ogni singolo trattamento farmacologico prescritto nell’ambito dell’allevamento in produzione zootecnica, ovvero finalizzato a produrre alimenti di origine animale.

"Questo sistema raccoglie e combina tutte le informazioni relative alle prescrizioni del medico veterinario con le banche dati dove sono identificati e censiti tutti gli animali presenti negli allevamenti esistenti", spiega la dottoressa.

Come si traduce questo nella realtà dei fatti? Dopo che il veterinario di riferimento prescrive un certo antibiotico, per i capi d’allevamento trattati l’allevatore dovrà indicare data di inizio e fine del trattamento. Quindi il registro dei trattamenti informatizzato riporta per ogni capo d’allevamento presente in Italia, identificato da un numero di matricola univoco, ogni trattamento prescritto e le informazioni relative, quindi il nome del medicinale, il dosaggio, la durata e il numero di matricola che identifica l’animale.

A cosa servono tutti questi dati

Il registro dei trattamenti informatizzato è fondamentale perché a partire dai dati inseriti fornisce ai veterinari pubblici, che si occupano dei controlli, piattaforme ministeriali come ClassyFarm che hanno la funzione di realizzare una categorizzazione del rischio in cui far rientrare gli allevamenti presenti in Italia.

Ma come si incastrano tutti questi dati con la prevenzione dell’antibiotico-resistenza? "Questi dati – risponde il medico veterinario – sono fondamentali perché permettono ai veterinari di conoscere per ogni allevamento quanti e quali antibiotici sono stati usati, per quale via li ha somministrati".

Ma soprattutto grazie ai dati raccolti i veterinari degli allevamenti italiani possono accedere al DDD (Defined Daily Dose), uno strumento di misurazione e controllo dell'uso di antibiotici in azienda zootecnica. Si tratta di un software web per il monitoraggio del consumo di antibiotici, che attraverso una unità di misura permette al veterinario di conoscere l'impiego del farmaco negli allevamenti da lui seguiti.

A cosa servono le “valutazioni di rischio”

Un così stringente sistema di controlli ha anche una funzione deterrente rispetto all’uso degli antibiotici, perché è sulla base di questi dati che vengono realizzate le valutazioni di rischio di ogni allevamento.

La valutazione di rischio tiene conto anche di altri parametri relativi alle condizioni di salute e benessere degli animali. Per fare qualche esempio, oltre al numero di ricette prescritte, si tengono in considerazione la percentuale di mortalità a le valutazioni del benessere degli animali realizzati dai controllori ufficiali, ma anche dai veterinari privati. Questi controlli verificano ad esempio se ci sono le le abbeverate corrette, se sono rispettate le metrature, i criteri di recinzione e ovviamente se gli animali vengono alimentati in modo corretto.

Come si ricercano i farmaci

"Sono previsti anche – aggiunge la dottoressa Barbero – tutti gli altri controlli che mettiamo in atto in base ai regolamenti europei". Di questi nello specifico possiamo distingue quelli previsti dal Piano nazionale alimentazione animale e il Piano nazionale residui. I primi riguardano le materie prime utilizzate per la nutrizione animale che si attuano controllando la presenza di eventuali residui di contaminanti ambientali, farmaci, diserbanti, fitofarmaci nei mangimi, nei fieni e nella stessa acqua data agli animali.

"Quindi se un allevatore – spiega la veterinaria – decidesse di trattare con un antibiotico per esempio l'acqua per somministra ai suoi animali risulterebbe da queste analisi". Non si tratta di prelievi random, ma di controlli sistematici che ogni anno vengono assegnati dal ministero ai veterinari pubblici in base a dei veri e propri piani nazionali.

A questi si affiancano i test effettuati nell'ambito del Piano nazionale residui. Questo prevede una serie di controlli destinati proprio alla ricerca di residui di farmaci in tutto ciò che si può definire un prodotto di origine animale, come latte, miele o la carne stessa, per verificare l'eventuale presenza di residui di anabolizzanti, steroidi, antibiotici non autorizzati e qualsiasi altra sostanza può essere utilizzato in modo fraudolento.

Fonti | Euro-Lex, Ministero della Salute

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