Calbindina. Quasi certamente questo nome non ti dirà nulla. E a giusta ragione: a meno che tu non abbia studiato approfonditamente medicina, dubito che nella tua vita ti sia capitato incappare in questa molecola presente all’intento dei neuroni di una particolare area del cervello.
Tuttavia fissati bene in mente questo nome, calbindina. Secondo la scienza potrebbe diventare un protagonista importantissimo nella lotta alla malattia di Alzheimer.
Un gruppo di ricercatori dell'Università Campus Bio-Medico di Roma e dell'IRCCS Santa Lucia di Roma ha scoperto un particolare meccanismo attraverso cui alcuni neuroni dell’area tegmentale ventrale del cervello riescono a sfuggire alla morte causata dalla patologia: una scoperta che, come puoi intuire, potrebbe portare a nuove vie per rallentarne il decorso.
Quando l’Alzheimer insorge provoca un eccessivo accumulo di calcio, dovuto alla perdita dei mitocondri, le cosiddette “centraline elettriche” delle cellule. A sua volta questo processo determina la scomparsa dei neuroni di questa area cerebrale dove, secondo gli scienziati, vi sarebbero appena 400-500mila neuroni, un numero più basso rispetto ai 100miliardi che compongono l'intero cervello.
Alcuni di essi tuttavia, almeno nelle prime fasi della malattia, sarebbero in grado di proteggersi dal calcio in eccesso e sopravvivere. E il merito sarebbe di un efficacissimo meccanismo basato proprio sulla calbindina.
Si tratta di una molecola capace di catturare il calcio e attraverso una sua aumentata espressione, la calbindina sarebbe capace di neutralizzare la tossicità del calcio accumulatosi nei neuroni.
“L'identificazione di questa forma di risposta al danno neuronale – ha spiegato Marcello D’Amelio, ordinario di Fisiologia umana all'Università Campus Bio-Medico di Roma e tra gli autori della ricerca – aggiunge preziosi dettagli sulle modalità attraverso cui la malattia si sviluppa e, al tempo stesso, offre ulteriori spunti di ricerca per la prevenzione e trattamento della malattia”.
Fonte | Ansa