
Nei giorni scorsi hanno fatto il giro del mondo le notizie che giungevano dal Canada e da Stati della West Coast come quello di Washington e dell'Oregon: gente costretta a trovare riparo in luoghi climatizzati per scampare al caldo estremo (a Lytton, vicino Vancouver, sono stati sfiorati 50 gradi, ripetiamo 50 gradi, cioè una temperatura pari a 30 gradi sopra la media stagionale), ettari di foreste in preda alle fiamme e purtroppo anche morti. Centinaia di morti.
Il caldo record non sta colpendo soltanto il Nord America, ma anche altre zone del pianeta, come l'Europa settentrionale. Nei giorni scorsi un'ondata di calore ha investito la penisola scandinava, riscrivendo tutti i record di temperatura dell'area. A Banak, cittadina affacciata sul Porsangerfjorden, all'estremo nord della Norvegia, il termometro ha fatto segnare 34,3°C. Una temperatura così elevata non si registrava in Norvegia dal 1914. Sta di fatto che si tratta del record europeo di caldo per una località situata oltre il 70° parallelo nord. Non va meglio in Lapponia, nel nord della Finalndia, dove nella città di Kevo la colonnina di mercurio ha superato i 33 gradi.
Per capire la gravità della situazione, bisogna andare al di là dei singoli dati e considerarli in serie. Nella regione scandinava, da giugno a oggi, la temperatura è stata dai 10 ai 15 gradi più calda della media storica. Il cambiamento climatico è qui e adesso. Gli scienziati ci hanno avvertito a più riprese che se superiamo la soglia del + 1,5°C rispetto all'era pre-industriale saranno guai per tutti. Le conseguenze le stiamo vivendo già adesso. Forse è il caso che i governi di tutto il mondo si adoperino subito per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e contenere il riscaldamento globale. Speriamo solo che la Cop26 di Glasgow, prevista per il prossimo novembre, segni davvero un cambio di passo.