Animali allevati in gabbia: per le associazioni la proposta di etichettatura del Governo favorisce la produzione intensiva

Continua la campagna #BugieInEtichetta, promossa da una coalizione di associazioni italiane che contesta la recente proposta di certificazione sul benessere animale ritenuta ingannevole: “Tradisce trasparenza e verità”. Inoltre, sarebbe in contrasto con l’obiettivo europeo di ridurre l’utilizzo di gabbie negli allevamenti.
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Martina Alfieri 22 Marzo 2022

Numerose associazioni animaliste, ambientaliste e dei consumatori ormai da molti mesi stanno portando avanti in Italia la campagna #BugieInEtichetta – nata in risposta all’iniziativa europea "End The Cage Age" –, con l’obiettivo di tutelare il benessere animale e di cambiare il destino degli animali che vivono all’interno di gabbie negli allevamenti intensivi.

Nei giorni scorsi il Governo italiano ha presentato un decreto con la proposta di una certificazione volontaria che, secondo le associazioni, non solo sarebbe inefficace, ma andrebbe controcorrente rispetto agli impegni europei, abbassando i requisiti minimi del benessere animale: si tratta del “Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale” (SQNBA).

In un momento così delicato e cruciale per il futuro di tutti, la proposta del Governo è un vero e proprio inganno per i cittadini, destinati a venire manipolati da un’etichetta che, beneficiando  dei fondi pubblici PAC e PNRR, verrebbe apposta su prodotti ottenuti con condizioni che migliorerebbero poco o niente il benessere animale, a scapito di onestà e trasparenza”, dichiarano in coro le associazioni.

Secondo i firmatari – Animalisti Italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, The Good Lobby, WWF Italia – questa certificazione è fuorviante per i consumatori e penalizzante per gli allevatori che operano realmente in direzione del miglioramento delle condizioni di vita degli animali.

Per questo, le associazioni hanno proposto ai Ministeri una serie di modifiche al decreto: tra queste rientrano ad esempio l’introduzione di almeno cinque livelli diversificati di certificazione per ogni specie, chiaramente visibili in etichetta, la cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione di benessere animale, che le associazioni ritengono “azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa certificazione”, e l'inserimento tra i criteri che definiscono il benessere animale dei bisogni etologici, ovvero "la densità degli animali e le condizioni di trasporto".

Senza queste correzioni, il rischio che avvertono animalisti e ambientalisti è quello di uno “sdoganamento” della produzione intensiva e della detenzione degli animali in gabbia, che contrasta con gli impegni presi dall’Europa per la progressiva eliminazione, nei prossimi anni, di questa pratica di allevamento.