Bill Gates e la geoingegneria: tanti dubbi ancora aperti

Mentre torna a girare la storia che Bill Gates vorrebbe oscurare il sole con la geoingegneria, il governo USA pubblica una prima analisi di queste tecnologie. L’obiettivo è valutare le implicazioni, che tra giustizia ambientale e debiti con le generazioni del futuro non mancano.
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Mattia Iannantuoni 27 Luglio 2023

L’altro giorno ero sul divano con Bill Gates e stavamo guardando la puntata dei Simpsons in cui il signor Burns vuole oscurare il cielo di Springfield. “Che folli gli autori dei Simpson…” gli ho detto ridendo. Ma quando mi sono voltato a guardarlo, stava prendendo appunti.

Ok, forse non è andata proprio così. Ma a fine giugno la Casa Bianca ha pubblicato un suo studio riguardante una famiglia di tecnologie molto controverse: quelle di riduzione delle radiazioni solari. In particolare, le tecnologie di stratospheric aerosol injection, che consistono nell’iniezione negli strati più alti dell’atmosfera di alcune particolari polveri capaci di riflettere verso l’esterno parte della radiazione solare e dunque contrastare il riscaldamento del pianeta.

Il nostro Bill Gates, da sempre al centro di innumerevoli teorie complottiste, da diversi anni sta finanziando la ricerca accademica in questo ambito. Ma è vero che ora lui e gli Stati Uniti stanno per sparare polveri in cielo come fosse riso ai matrimoni?

Di re-ingegnerizzare il clima del pianeta si parla da tempo come eventuale tampone contro gli effetti incontrollati della crisi climatica, una sorta di ultima spiaggia. Negli Stati Uniti, a, così come in Unione Europea, si sta dimostrando interesse a procedere con lo studio di tutti gli impatti possibili di questo approccio e non certo alla sua applicazione. E se ci pensi ha senso: capirle bene ci permetterà di prendere decisioni razionali e ponderate qualora lo dovessimo mai valutare seriamente.

Perché al di là della fattibilità tecnologica, restano aperte diverse questioni, tra cui una discussione fondamentale legata al tema della giustizia ambientale. Poter sfruttare pionieristiche capacità tecnologiche per migliorare localmente le condizioni del clima significa che alcuni Paesi, più ricchi e avanzati tecnologicamente, potranno cambiare gli equilibri dell’intero sistema. Cosa comporterebbe questo per le comunità meno ricche e già largamente esposte alla crisi climatica? E quanto è corretto rispondere alla crisi climatica andando a modificare ulteriormente l’atmosfera, che è il motivo stesso per cui il clima sta cambiando, senza intervenire alla radice, ossia sulle emissioni? Infine, è giusto lasciare alla società del futuro tutti gli eventuali conti da pagare?

Insomma, prima di oscurare il cielo, è a queste domande che dovremo trovare una risposta. Nel frattempo, a me resta solo una cosa da fare: stasera con Bill guarderò Futurama.