
Non bastavano i cambiamenti climatici, l’acidificazione e lo sbiancamento: oggi i coralli devono fare i conti anche con gli idrocarburi policiclici aromatici. Ovvero inquinanti dannosi e tossici largamente presenti in mare e derivati dalla combustione di olio, gas e carbone nella produzione di energia: dall’attività dell’uomo, dunque. Ecco, i corali sarebbero in grado di assorbirne grosse quantità nel corso della loro vita. Il nuovo allarme per questo ecosistema arriva da uno studio dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr (Cnr-Irbim) insieme all’Università di Bologna: questi inquinanti si insinuerebbero nei tessuti e nelle alghe del corallo Balanophyllia europaea, tipico del mar Mediterraneo, e un accumulo eccessivo può portarli alla degradazione e alla morte.
Stiamo mettendo sempre più a rischio la vita dei coralli, anche di quelli più vicini ai nostri mari. L'ultimo esempio di come l'uomo stia impattando sull'ambiente, in ordine cronologico, è il caso della petroliera incagliata all'isola di Mauritius: litri e litri di petrolio continuano a fuoriuscire dal suo scafo e animali, vegetazione ed ecosistemi rischiano di scomparire o di subire danni rimediabili solo nel giro di centinaia di anni. E a proposito inquinanti e coralli, lo studio italiano del Cnr-Irbim e dell'Università di Bologna ha messo in luce un altro grande pericolo per questi animali.
In particolare per una specie di corallo molto diffuso nel mar Mediterraneo, il Balanophyllia europaea: dai risultati delle analisi vi sarebbero alte concentrazioni di Ipa, idrocarburi policiclici aromatici, all'interno del suo scheletro. Si tratta di una classe di inquinanti organici legati alla produzione di energia: derivano infatti dalla combustione incompleta di materiale organico e dall'uso di olio combustibile, gas, carbone e legno. Largamente diffusi nelle acque dei nostri mari, sono un reale rischio per la fauna marina dal momento che si tratta di materiale tossico.
Nello specifico, i ricercatori hanno ritrovato per la prima volta tracce di acenaftene, fluorene, fluorantene e pirene nello scheletro e nelle alghe zooxantelle che vivono in simbiosi con il corallo. Hanno poi combinato i rilevamenti sugli inquinanti con i dati all’età della popolazione dei corali Balanophyllia europaea e hanno così stimato anche per quanto tempo queste specie sarebbero in grado di agire da magazzino di idrocarburi: come si legge nello studio pubblicato sulla rivista Science of the total environment, la capacità di stoccaggio a lungo termine di questi inquinanti tossici potrebbe arrivare fino a 20 anni.
Ma il risvolto più negativo è il doppio danno a cui tutti, noi e i coralli, andiamo incontro. Perché lo stoccaggio di queste sostanze tossiche può portare alla degradazione o alla morte l’ecosistema di Balanophyllia europaea, processo velocizzato anche dall’azione dei cambiamenti climatici, e se così fosse gli Ipa verrebbero poi reimmessi nell’ambiente, innescando un vortice di inquinamento continuo.