Clima, l’Italia si affida ancora troppo al gas. “Così si rallenta il percorso di decarbonizzazione”

Il think tank indipendente Ember ha esaminato i Piani nazionali per l’energia e il clima (Pniec) degli Stati membri dell’Unione Europea. Bocciati i paesi dell’Est Europa e la Germania, ancora troppo dipendenti dal carbone. Tirata d’orecchie anche per l’Italia: secondo le previsioni, nel 2030 sarà uno dei Paesi Ue che farà maggiore ricorso ai combustibili fossili per la produzione di energia elettrica.
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Federico Turrisi 14 Novembre 2020

C'è anche l'Italia tra i sette Stati europei (oltre al nostro Paese troviamo Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Germania, Belgio e Romania) che con le loro politiche energetiche stanno rallentando la transizione verso le rinnovabili, indispensabile per portare il Vecchio Continente in linea con gli obiettivi climatici stabiliti dall'Accordo di Parigi.

È quanto emerge dal rapporto "Vision or division?" realizzato da Ember, think tank indipendente specializzato negli studi sull’evoluzione del settore energetico, che ha analizzato i Piani nazionali per l’energia e il clima (Pniec) dei diversi Stati membri dell'Unione Europea. Quest'ultima – è bene ricordarlo -, con il lancio del Green Deal da parte della Commissione guidata da Ursula von der Leyen, si è proposta come obiettivi quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e quello di tagliare entro il 2030 le emissioni di carbonio di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990 (la Commissione Europea vuole portare il taglio al 55%).

Ebbene, l'Italia è in grave ritardo. Per quale motivo, ti starai chiedendo. Il report di Ember mette in evidenza come per il periodo 2018-2025 l'Italia abbia programmato la più grande espansione dell’utilizzo di gas naturale per la produzione di energia elettrica in ambito europeo. Questo piano si spiega con l'intenzione di sostituire progressivamente il carbone con il metano (l'abbandono totale del carbone nel nostro Paese è previsto per il 2025). Ma qui casca l'asino: è vero, il gas è meno inquinante rispetto al carbone, ma è pur sempre una fonte fossile. Per attuare una vera transizione energetica occorre invece investire di più sulle energie rinnovabili, come solare ed eolico.

E così l'Italia, secondo le stime di Ember, si ritroverà ad essere responsabile di circa il 10% delle emissioni totali del settore elettrico europeo, al terzo posto dietro Germania (30%) e Polonia (22%). Questi due Paesi sono infatti ancora molto legati al carbone, tant'è che l'uscita da questa fonte fossile è fissata dalla Germania solo al 2038, mentre la Polonia addirittura non ha ancora elaborato alcun piano per eliminarlo.

Nonostante l'aumento all'interno del mix energetico della quota riservata alle rinnovabili, in particolare a partire dal 2025, tra dieci anni l’Italia sarà comunque tra gli Stati membri dell'Ue più dipendenti dai combustibili fossili nella produzione di energia elettrica con un tasso del 40% (nel 2018 era al 60%), ben al di sopra della media europea che sarà intorno al 25%. C'è da aggiungere però che in alcuni Paesi europei la quota fossile verrà in parte sostituita dal nucleare, che pone dei problemi soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento delle scorie.

La morale della favola è molto semplice: ci vogliono obiettivi più ambiziosi e maggiore convinzione nel percorrere la strada che porta alla decarbonizzazione, tassello chiave nell'azione di contenimento del riscaldamento globale. Che cosa aspetta allora il governo italiano ad aggiornare il Pniec?