Si chiama "innesto interspecifico" quella tecnica innovativa di coltivazione che l'India ha messo appunto per aumentare la produttività riducendo gli spazi di suolo da coltivare. L'intenzione di adoperare questa tipologia di innesto è anche quella di rendere la pianta più resiliente, aumentandone la tolleranza agli stress biotici (animali) o abiotici (clima e agenti atmosferici).

In sostanza grazie a esso si ha la possibilità di coltivare più verdure, ortaggi o frutta dalla stessa pianta. La scoperta è stata fatta da un team di ricerca chiamato "ICAR-Indian Institute of Vegetal Research, Varanasi" il quale ha dimostrato la fattibilità grazie alla coltivazione di pomodori e melanzane, ma anche grazie a una pianta che ha generato pomodoro e patata.

La sperimentazione di innesto è stata effettuata quando le piantine di melanzana avevano dai 25 ai 30 giorni e il pomodoro dai 22 ai 25 giorni.  L'innesto è stato eseguito con il metodo side/splice, in cui sono stati effettuati tagli obliqui da 5 a 7 mm (angolo di 45°) sia nel portinnesto che nella marza.

Subito dopo l'innesto, le piantine sono state mantenute in condizioni atmosferiche controllate, dove la temperatura, l'umidità e la luce sono state mantenute ottimali per i primi 5-7 giorni, poi in ombra parziale per altri 5-7 giorni. Successivamente, 15-18 giorni dopo l'operazione, le piante innestate sono state trapiantate nel terreno. La particolarità di questa coltivazione riguarda anche la fioritura dei primi germogli. Infatti in questo caso ogni volta formati al di sotto del raccordo dell'innesto, venivano immediatamente rimossi.  L'esperimento ha generato 60-70 giorni dopo l'innesto sia la melanzana, sia il pomodoro.

Fonte | Governo Indiano