Cop27, Extinction Rebellion a Ohga: ecco perché quest’anno abbiamo scelto di non partecipare

A volte un’assenza può risultare più presente di una presenza stessa. Questa è la speranza degli Extinction Rebellion Italia, che hanno spiegato a Ohga le ragioni per cui per loro quest’anno non ci sarà nessuna Cop in programma.
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Francesco Castagna 8 Novembre 2022

È uno dei gruppi più radicali nel mondo dell'attivismo ambientalista, sono giovani e grandi appassionati di clima, ambiente, scienza e sostenibilità. Fanno mestieri diversi tra loro e li usano per metterli a servizio della società. Sono gli Extinction Rebellion, che avevamo già sentito di recente per le elezioni del 25 settembre. In occasione della Cop27 di Sharm el-Sheikh, in Egitto, molte organizzazioni si sono chieste se valesse la pena prendere parte o meno a un evento del genere, andando fuori dai palazzi a esprimere il proprio dissenso.

Purtroppo, come ti abbiamo già raccontato, nel Paese si sono manifestati troppi episodi di repressione del dissenso degli attivisti, da dover considerare una eventuale partecipazione un'opzione pericolosa.

In Italia pesa a livello istituzionale il caso Regeni, affaire su cui l'Egitto si è sempre messo contro le indagini italiane, ostacolandole con tutti i mezzi possibili. Anche per questo motivo molti gruppi di attivisti ambientalisti hanno deciso di non prendere parte a questo evento, tra questi ci sono sicuramente gli Extinction Rebellion.

Per capire ancora di più le ragioni ambientaliste e umanitarie della mancata partecipazione degli attivisti, abbiamo chiesto agli XR di commentarci la loro presa di posizione. Ecco cosa ci hanno risposto:

"Alaa Abdel Fattah è uno dei 60.000 detenuti politici senza processo che languono nelle carceri egiziane. E’ stato citato di recente da Naomi Klein sul Guardian perché, oltre a far lo sciopero della fame per sé e per gli altri prigionieri politici, scrive lettere in cui si preoccupa del clima", spiegano gli Extinction Rebellion, ritenendo questa presa di posizione un'azione significativa che denota il collegamento tra i diritti climatici, i diritti umani, quelli economici.

Cosa contestate quindi all'organizzazione della Cop27?

Proprio questo. Un collegamento che pare sia sfuggito agli organizzatori della Cop27 ma che non è sfuggito al governo egiziano che ha provveduto ad azzerare lo spazio che la società civile e in particolare le organizzazioni ecologiste avranno a Sharm el-Sheikh.

La Cop26 a Glasgow è già stata un fallimento solo dal punto di vista degli obiettivi e lo è stato principalmente perché lavora nella stessa corrente economicista che definiamo business as usual: gli affari come al solito. Le premesse della Cop27 sono nello stesso solco: chi inquina meno (i Paesi poveri) vorrebbe una compensazione economica ai disastri prodotti dai Paesi che inquinano di più: giusto ma insufficiente rispetto al problema globale del riscaldamento che colpirà inesorabilmente tutti, prima o poi e che già ha evidenti effetti climalteranti nei Paesi del primo mondo.

Le organizzazioni ecologiste di nuova generazione si stanno moltiplicando ed è sempre più grande il numero di persone che connette la crisi climatica con la crisi generale di questo sistema basato sul profitto, sul furto della delega affidata ai politici da parte delle popolazioni, sul non rispetto dei diritti umani e sull’accettazione immorale della dittatura come forma di governo, tra le varie cose.

Cosa deve cambiare?

Abbiamo detto da tempo: non c’è da cambiare il clima, c’è da cambiare un sistema tossico: economico, culturale, sociale, ecologico, spirituale. Dobbiamo costruire una cultura rigenerativa basata sulla nonviolenza, sulla cooperazione, sulla democrazia diretta.

Per questo Extincion Rebellion continua a chiedere tre semplici cose: dire la verità sullo stato del pianeta, dichiarare l’emergenza climatica ed ecologica e istituire le assemblee dei cittadini che propongano e realizzino ai vari livelli le soluzioni concrete e urgenti.

Questo l’abbiamo già detto da tempo e in Egitto si sono create le condizioni affinché non si possa dire: né prima, né durante, né dopo la Cop27. Per cui lasceremo che i responsabili di questo disastro parlino da soli, nella convinzione che quest’assenza risulterà significativa e nella speranza che possa smuovere le coscienze.

Lo dobbiamo a Alaa Abdel Fattah, a Giulio Regeni e a tanti altri meno conosciuti di loro.